Giustizia

Figli del diritto

Figli del diritto

Il diritto prende vie contorte, quando cresce la confusione sui diritti individuali. Le leggi, quando non sono inutili, incarnano scelte fra interessi diversi. L’importante è che non perdano di vista i principi generali. Capita, invece, che la Corte costituzionale consideri immediatamente praticabile la fecondazione eterologa, non vedendo alcun vuoto normativo, procedendo all’abrogazione delle leggi precedenti e dando per scontato l’anonimato dei donatori di gameti. Ma la stessa Corte apre la strada al diritto degli adottati a conoscere l’identità dei loro genitori naturali, ottenendo due risultati: demolire un meccanismo che funziona, quello delle adozioni, e traslocare in tribunale la negoziazione degli equilibri familiari. Più giudici per tutti, ma, al tempo stesso, meno certezza del diritto.

E’ un terreno difficilissimo, quello del diritto relativo ai minori. Qualche volta molto doloroso, talché considero quasi eroico il lavoro dei giudici che lo applicano, posto che i loro eventuali errori possono avere conseguenza drammatiche. Ma proprio per questo andrebbe calcato con molta prudenza, evitando di strafare. Capita, invece, che il tribunale dei minori di Firenze si occupi di una signora che ha 59 anni, cercando di risolvere un problema di quando era bambina. Il fatto è questo: fu partorita da una madre che conservò l’anonimato, cosa che la legge consente, quindi assegnata a un istituto e posta in adozione; si fece avanti una coppia che, con apposita decisione giudiziaria, poté prenderla nella propria famiglia quando aveva dieci mesi; i genitori adottivi la crebbero come figlia loro, non rivelandole mai di averla adottata (era un loro diritto, nonché una scelta insindacabile, i cui esiti sono stati felici). Quei genitori, però, non ci sono più. Una zia (tutte le famiglie, di qualsiasi natura, hanno il loro componente che non resiste alla tentazione di occuparsi dei fatti altrui) s’è incaricata di rivelare alla donna la sua diversa origine, aggiungendo che i genitori naturali erano minorenni. Le prime cose che vengono in mente sono due: a. la zia non dovrebbe poter sapere quale era la condizione di chi partorì, a rigore non la conosce nessuno, se non il tribunale, neanche i genitori adottivi; b. la scelta della rivelazione tradisce la volontà di chi diede a quella bambina una famiglia. Non sappiamo se dall’aldilà si guardano e giudicano le cose terre, ove così fosse dubito che la zia si sia conquistata il plauso di quelle due brave persone.

Fatto è che la donna si è rivolta al tribunale dei minori, ancora competente per la sua condizione di allora, e questo, a seguito della sentenza costituzionale, ha disposto accertamenti. Formalmente per sapere se la madre naturale intende confermare oggi il suo anonimato di allora. Fine delle nostre informazioni sul caso specifico, ammesso che siano esatte (non ne ho conoscenza diretta). Qui si apre il problema collettivo, le cui implicazioni sono notevoli. E non belle.

Scrivendo dell’eterologa ho già segnalato la tendenza di diversi giudici, in diverse parti del mondo, a riconoscere il diritto alla conoscenza dei genitori-donatori. Ha un senso, ma quel senso mette fuori gioco l’eterologa. Mentre è dovuta la conoscenza clinica del donatore, per le eventuali implicazioni sanitarie, non lo è affatto quella anagrafica. Per mille motivi pratici, compreso il fatto che i donatori, in quel caso, dovranno essere tutti poveri, giacché se scopro di essere stato concepito con il seme di Bill Gates mi candido all’eredità. Ma quell’anonimato vale a maggior ragione per chi il figlio lo mise al mondo e decise di non crescerlo. Scelta che nella gran parte dei casi produce dolore, non liberazione. Se quell’anonimato diventa violabile ho l’impressione che chi si troverà in quella triste situazione potrà considerare più utile e prudente ricorrere all’aborto, piuttosto che all’abbandono. Che il diritto conduca a una simile conclusione è storto assai.

Qualche volta ci si lamenta (a ragione) del fatto che le procedure d’adozione sono troppo complesse e selettive. Eppure si deve riconoscere che quei giudici maneggiano materiale umano e lo assegnano a chi ne fa richiesta, sicché le loro attenzioni devono essere viste con rispetto. Se anche quando le cose vanno per il meglio si può rimettere tutto in discussione si fa rientrare dalla finestra il giudice (non il medesimo) che era felicemente e con successo uscito dalla porta. Con considerevoli costi, non solo economici. Non solo non mi sembra ragionevole, ma offensivo verso quella coppia che fu responsabile e generosa.

Segnalo, infine, che se alla Consulta ritengono (sbagliando) “insopprimibile” il diritto individuale alla genitorialità e di pari peso il diritto a conoscere i genitori naturali, si compitano sentenze destinate ad alimentare i talk show, ma che fanno sembrare il diritto un supermarket, in cui ciascuno prende quel che aggrada e lascia quel che non ama. Non il trionfo dei diritti individuali, che difendemmo e difendiamo, ma di un egocentrismo senza capo e con molti colpi di coda.

Pubblicato da Libero

Condividi questo articolo