Giustizia

Fioravanti ha ragione

Fioravanti ha ragione

Valerio Fioravanti ha sostenuto, su L’Opinione di ieri, una tesi giusta, saggia, e, vista la sua esperienza personale, coraggiosa.

Riferendosi ad alcune polemiche circa l’ultimo film di Bellocchio, ha avvertito che sarebbe bene si sottopongano i protagonisti del terrorismo italiano alla massima esposizione (dovrebbero essere studiati nelle università, ha scritto), laddove, al contrario, il loro isolamento, la loro sterilizzazione, sarebbero scelte propedeutiche alla loro rivalutazione. Penso abbia ragione.
Siamo stati coetanei, adolescenti, contestatori. Abbiamo espresso la nostra insoddisfazione per il mondo, come capita a tutti gli adolescenti non letargici. Alcuni, però, dal nostro fianco, dalla nostra scuola, dal nostro giro, un certo giorno, sono andati ad ammazzare qualcuno. Chi erano: i più determitati, i più conseguenti e coraggiosi, dei pazzi?
Ho passato anni a cercar di guardare dentro le loro vite, ad immaginare le loro giornate, il maturare delle azioni sanguinose, lo scorrere delle ore successive. Come era possibile? Come poteva essere accaduto? Ritengo sia stato uno sforzo non solo utile, ma doveroso. Oggi sento un bisogno analogo, anche se nei confronti di giovani che non mi sono vicini, che appartengono ad un altro mondo, quello dei fanatici che si fanno saltare in aria.
Il rischio che avverte Fioravanti è concretissimo. Con il passare del tempo il ricordo del dolore e della violenza si affievolisce, mentre rimane la testimonianza di persone che hanno duramente pagato, con la galera, le scelte di allora, e quelle scelte le si raccontano come figlie di una visone politica, di un indirizzo ideale, di un’aspirazione sociale. Piano piano resta l’intimismo, che coniugato con la distruzione della vita successiva lascia sul tavolo, sulla pagina, sullo schermo, la decadente poetica dell’eroismo sconfitto. La storia si smarrisce, permettendole di ripetersi.
Uno scenario impossibile? Invece possibilissimo, anzi, già visto. Ricordate i giorni della morte del giovane Giuliani? Un ragazzo impazzito con il suo gruppo di teppisti, un violento. Nel giro di poche ore una vittima, un eroe da commemorare, un idealista da ricordare. Fu per episodi paragonabili che i nostri amici di un tempo si persero, fu a partire da un presunto martirio che alcuni decisero che “nulla resterà impunito”. Oggi, i protagonisti della violenza d’allora, non vanno né coccolati né compatiti, ma, certamente, esposti e studiati. Alcuni di loro, come Valerio Fioravanti, meritano anche il rispetto di chi l’errore di allora non lo cela e non lo giustifica, ma lo racconta, lo spiega affinché altri non lo commettano.

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