Garantismo non è sinonimo d’innocentismo. Il garantismo è l’essenza stessa della civiltà del diritto, richiedendo il rispetto delle regole che presiedono alla condanna dei colpevoli e delle garanzie che tutelano gli innocenti. L’ordine preposto alla difesa delle garanzie è la magistratura, e solo per una depravazione logica si è potuto pensare che il garantismo stesse da una parte e la magistratura dall’altra. Abbiamo trovato documenti che testimoniano il contrario.
Si è sentito molte volte ripetere che in un paese civile non si criticano le sentenze. Ma quando mai? in un paese civile si rispetta l’autonomia della magistratura, ma se ne possono criticare le sentenze, al pari di ogni altra decisione che non ha origini divine. Di questo la magistratura è ben consapevole, ed abbiamo trovato documenti che lo testimoniano.
Abbiamo letto che chi viene citato in giudizio per avere criticato un magistrato od una sentenza è destinato a sentirsi condannare. Non è vero. Abbiamo trovato documenti che dimostrano il contrario. Fuori i documenti, quindi. Volentieri, anche perché, in questo modo, si vedrà che uno dei templi del garantismo è il Consiglio Superiore della Magistratura. Leggere per credere.
Il 13 giugno del 1980 un magistrato firmava un articolo nel quale sosteneva che i processi contro i presunti terroristi “possono trattarli soltanto quei giudici culturalmente attrezzati ad accettare senza obiezioni la rinuncia ad ogni elementare cautela giuridica (…) In questa sorta di procedura di guerra (…) salta la mediazione del diritto (…) oggi la presunzione, non potendo per ragioni storiche dar luogo alla tortura, legittima l’arresto quasi a tempo indeterminato nella speranza che alla fine le prove di colpevolezza in qualche modo usciranno fuori (…) Dunque il mandato di cattura sarebbe strumentale nel senso che sarebbe stato emesso non soltanto per un fine diverso da quello formalmente dichiarato ma anche e soprattutto per potere torchiare l’inquisito e giungere così, possibilmente alla conoscenza della verità, quella verità supposta dai giudici ma priva di riscontri obiettivi”. Si possono nutrire dubbi sullo stile, ma non si può sostenere che il pensiero dell’articolista non sia chiaro.
La sezione disciplinare del CSM, cui l’autore era stato deferito dal Procuratore Generale, affermò che l’intervento era del tutto legittimo e tutelato dall’articolo 21 della Costituzione, riguardante la libera manifestazione del pensiero. Esiste, certo, un problema di bilanciamento di interessi diversi (il diritto ad esprimersi e quello al rispetto della magistratura), ma scrive esemplarmente: “Non è dubbio che il bilanciamento non può attuarsi pretendendo che si possa salvare integralmente ed in ogni caso la libertà di cui all’art. 21 Cost. e la dignità dell’ordine giudiziario. Quando, come nella specie, il pensiero manifestato sia di critica agli indirizzi della giurisprudenza e, quindi, alla condotta dei magistrati, ci si trova di fronte ad affermazioni che anziché esaltare diminuiscono la considerazione di cui debbono godere i magistrati. E tuttavia non si tratterebbe di bilanciamento, ma piuttosto di annullamento del diritto di manifestare il proprio pensiero, se bastasse la critica ai magistrati per entrare nella sfera dell’abuso”. E’ vero che dall’articolo si evince che “i processi di terrorismo inducono in chi li tratta una mutazione ideologica che allontana dai principi di civiltà giuridica fatti propri dalla Costituzione …” (accipicchia!), ma non si dimentichi che “il diritto di cui l’art. 21 è posto a salvaguardia concerne proprio le opinioni sgradite ai più, inopportune, fastidiose”. Assolto.
Nessuno di noi si sogna di offendere la magistratura e la Costituzione, dubitando del fatto che tutti i cittadini siano uguali davanti alla legge. E sentendoci sgraditi, inopportuni e fastidiosi, ci piacerebbe sentirci anche un po’ più tranquilli.