Ha ragione Arturo Diaconale, che, ieri indicava quale sia il vero scandalo dell’ingiustizia all’italiana: i media, la stampa, i giornalisti. A questi soggetti dobbiamo il peggio di quel che in Italia è successo: dall’uso strumentale e politicizzato della malagiustizia, al massacro di vite come quelle di Scattone e Ferraro.
A questi soggetti è indirizzata una lezione anomala, e per questo efficace. Capita, delle volte, che le lezioni di diritto possano essere impartite lontano dalle cattedre, da autori insospettabili. La giustizia, del resto, a dispetto di certuni, non è materia astratta, ma viva e reale. Il diritto libresco che non riesce a conquistare giustizia per i cittadini è un diritto che ha fallito. Si dovrebbe sempre ricordarlo, dalle cattedre.
A dar lezione, questa volta, chiamiamo Gigi Sabani, il popolare presentatore, intrattenitore ed imitatore. Come si ricorderà egli è stato coinvolto in un’inchiesta, nel corso della quale fu anche arrestato, poi sfociata nel nulla. Fu accusato, ingiustamente, di avere richiesto favori sessuali a fanciulle desiderose di sbarcare nel mondo dello spettacolo. La testimone chiave, poi, ha sposato il pubblico ministero. Sono superflui ulteriori commenti.
Come è capitato anche ad altri, con quell’esperienza Sabani ha scoperto un mondo a lui, prima, sconosciuto, e ne ha scritto in un libro nel quale ricostruisce alcuni passaggi della sua vita (“Punto a capo”, Gremese editore). “Sono temi -afferma- così nuovi per me che mi rendo conto della mia abissale ignoranza su argomenti che adesso non posso più tenere sullo sfondo. (…) comincio a comprendere quanto di ?disinvolto’ e distorto ci sia non soltanto nella macchina stritola-imputati di certa ?giustizia’ ma anche nel cosiddetto diritto di cronaca. La gente ha sicuramente diritto di sapere. Ma chi tutela l’imputato se questi si vede considerato colpevole da un’opinione pubblica che, non potendo conoscere realmente cose ancora sotto segreto, viene condizionata dalle notizie riportate sui giornali e dalla televisione?”.
Ed ancora : “solo adesso mi rendo conto che il danno che sto subendo non è limitato agli arresti domiciliari. Le continue pubblicazioni e la distorsione sistematica delle notizie da parte della stampa e della televisione sulle indagini in corso mi fanno perdere la mia credibilità e rispettabilità …”.
E’ comprensibile che egli veda le cose dal punto di vista di una persona già famosa (e, forse, “incastrata” proprio perché famosa). Ma vi è anche il caso di cittadini del tutto sconosciuti all’opinione pubblica che divengono famosi sulla base delle accuse che subiscono. Questi ultimi non si limitano a perdere la rispettabilità, ma assumono una pubblica identità a loro del tutto estranea. Il danno che subiscono non è affatto minore, anzi.
Anche per loro vale quel che Sabani si scopre a pensare per se stesso: “a volte penso che persino la morte è bella di fronte all’ingiustizia”. Lo pensano al punto che la scelgono. Oppure la subiscono, sotto forma di morte civile, di perdita di ogni capacità e volontà di reazione. Per tutti costoro si aprono anni incredibili e lunghissimi, nei quali dovranno convivere con le accuse e dovranno accettare che, di tanto in tanto, il giornalista di turno si ricordi di loro e provveda a gettar loro in faccia qualche palata di fango.
La lezione di Sabani, quindi, è importante. Dovrebbero studiarla in molti, magistrati compresi. Ma dovrebbero studiarla per primi i giornalisti, imparando quel rispetto per le persone che è a loro del tutto sconosciuto.
In quanto a Sabani, egli ci ha ricordato, con onestà, d’essere ignorante. Crediamo che, a questo punto, meriti una laurea honoris causa: sapessero, molti addetti al mondo della giustizia, la metà di quel che egli ha imparato, potremmo tutti vivere più tranquillamente.