Giustizia

Giustizia per Renzi

Giustizia per Renzi

La malagiustizia è un tema ineludibile per tutti, anche per Matteo Renzi, impegnato nella definizione di una sinistra affidabile e di governo. Scrissi con attenzione e larga condivisione degli scorsi appuntamenti alla Leopolda. Quest’anno  m’iscrivo anticipatamente. Sul tema dell’amnistia Renzi s’è coraggiosamente trovato sulle nostre posizioni. Qui espresse non solo subito dopo il messaggio del presidente della Repubblica, ma anche negli anni passati, quando il sindaco fiorentino firmava appelli per reclamarla (dalle mie parti domina la monotonia e la più bigia coerenza): l’amnistia sarà indispensabile per salvare una seria riforma della giustizia, ma non è accettabile, come anche l’indulto (che è pure inutile), per svuotare le carceri. Siccome alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ci prendono a schiaffi non solo per le carceri, ma anche per la giustizia, veniamo al merito del problema.

Nei 100 punti programmatici della Leopolda 2011, 7 erano dedicati alla giustizia. Allora Renzi chiedeva che: 1. per smaltire l’arretrato si creasse una task force arruolando magistrati in pensione e giovani avvocati (in Francia lo fecero, con successo, per azzerare le pendenze in cassazione); 2. gli avvocati siano pagati in base a un preventivo, talché non abbiano interesse ad allungare i tempi (si deve tener presente che spesso sono i clienti, ove abbiano torto, a volerlo); 3. s’accorcino le ferie dei tribunali; 4. s’accorpino le sezioni distaccate; 5.  si digitalizzi; 6. i magistrati facciano carriera per merito e non solo per anzianità; 7. si accorcino i tempi. Tutto condivisibile, ma tutto un po’ generico. Sono aspetti reali, ma non il cuore del problema.

Qui di seguito proposte concrete: a. quella dei tempi non può essere un’aspirazione, ma un’obbligazione, che si ottiene mediante la perentorietà di tutti i limiti temporali previsti dalle procedure, cancellando l’obbrobrio per cui i tempi dei magistrati sono “ordinatori” (vale a dire che possono non rispettarli); b. la digitalizzazione è indispensabile, ma si sono già buttati via tanti soldi (più di 3 miliardi) senza ottenere risultati, perché l’informatica si spappola sulla frammentazione di uffici e procedure, quindi si deve tornare al dettato costituzionale: l’autonomia del giudice è fondamentale nell’esercizio delle sue funzioni, ma l’organizzazione (acquisti, sistemi, personale, orari) è centralizzata e fa capo al ministero della giustizia; c. oltre alla carriera per merito deve esserci anche l’espulsione per demerito, e chi continua a perseguire innocenti, o scrivere sentenze sbagliate, è bene cambi mestiere; d. il sistema accusatorio, in campo penale, presuppone la separazione delle carriere fra chi accusa e chi giudica, non è una bandiera ideologica, è cultura giuridica; e. sia in civile che in penale il processo deve essere l’estrema ratio, incentivando i riti alternativi, dalla conciliazione al patteggiamento, la prima con la punizione della causa temeraria, la seconda con sconti di pena che riguardino anche i reati gravi (l’assassino che chiama la condanna fa un piacere alla collettività, per cui posso accettare che stia in galera 25 anni anziché 30); f. né la responsabilità dell’accusa né i riti alternativi potranno mai funzionare se non si svelle il totem dell’obbligatorietà dell’azione penale, del resto già abbondantemente umiliata dalla scelta selettiva dei tempi e delle prescrizioni; g. rispetto scrupoloso dei limiti della custodia cautelare, oggi usata in modo incivile, e responsabilità per chi mette in cella chi sarà poi assolto; h. attenuazione della presunzione d’innocenza in caso di condanne in primo o secondo grado, quindi possibile sottoposizioni a vincoli (non necessariamente carcerari); i. l’autogoverno del Csm non può essere autoorganizzazione e autoreferenzialità, altrimenti si crea (s’è creato) un corpo separato dello Stato; l. spendiamo e abbiamo magistrati, pro capite, più della media europea, quindi non serve più spesa, ma più controlli e organizzazione, con accorpamento non solo dei tribunali, ma dei distretti giudiziari.

Sono solo punti, sono solo enunciati e non sono tutti. Ma sono i problemi con cui fare i conti. Non ho ancora nominato Silvio Berlusconi, lo faccio adesso: è un condannato, ciò cambia la sua natura politica. E’ un fatto. Ma accettare che la giustizia possa sindacare, o anche solo indagare, sul voto di uno o più parlamentari, sebbene la loro stoffa induca ripugnanza, significa accettare la fine della sovranità popolare.

Ci fu un tempo in cui la cultura giuridica di gran parte della sinistra era esemplare. Quel tempo è lontano e quella cultura s’è corrotta, accettando che il fine insozzasse il mezzo. Renzi ha delle difficoltà, nel condurre la cultura della sinistra ideologica e gli istinti di quella antropologica a essere forza autonomamente governativa. Ma la giustizia è tema cui non si sguscia, semmai ci si scivola.

Pubblicato da Libero

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