Giustizia

I danni si pagano

I danni si pagano

La giustizia allo sfascio, la giustizia allo sbando. Ogni tanto, in modo stanco e ripetitivo, con clamori sterili ed artificiali, riparte il grido di dolore per la nostra comatosa macchina giudiziaria. Le punte politicizzate della magistratura, dopo anni di abusi e forzature, tentano di scaricare la responsabilità su questa o quella legge in discussione, interferendo con l’attività parlamentare e rendendo ancora più grave la confusione istituzionale.

Le cause che concorrono a tanta inefficienza sono molteplici: c’è il ripercuotersi sulla giustizia, penale e civile, di molte indecisioni ed inefficienze nel governo della cosa pubblica; così come c’è la deturpazione della riforma della procedura e la scarsezza dei mezzi. Ma, attenzione, fra le cause principali vi è anche un intollerabile tasso di approssimazione ed incapacità nelle procure, ed un ritmo di lavoro assai poco serrato. Ad intasare i Tribunali concorrono molti procedimenti male istruiti, maneggiati in modo ignorante, assemblati in tempi che violano tutti i termini stabiliti dalle leggi.

A poco vale citare il caso di questo o quel magistrato che si ammazza di lavoro quando, nel complesso, la macchina batte la fiacca e premia l’ignoranza. Ed a niente serve cercare, ipocritamente, di occultare che così stanno le cose. Il frutto di tanta trasandatezza sono migliaia di procedimenti che finiscono nel nulla, con enormi sprechi di tempo ed energie. Il frutto è anche lo scoccare inesorabile dei tempi della prescrizione, che umilia gli innocenti ed offre la salvezza ai colpevoli. Ma sarebbe sciocco dimenticare il fatto che, il più delle volte, la prescrizione giunge benedetta a salvare il pubblico ministero da procedimenti senza capo né coda, con i quali si fece bello sui giornali, ma per i quali non è in grado di passare il vaglio di un serio Tribunale.

Gli italiani votarono, in un referendum, a favore della responsabilità del magistrato. Gli italiani devono sapere, però, che oggi i magistrati sono del tutto irresponsabili (nel senso che non pagano mai) per tanta ingiustizia, malagiustizia e giustizia ingiusta, elargita a piene mani.

Tutto questo avviene arrecando danni enormi alla collettività, e talora irreparabili per i singoli cittadini che si trovano ad essere, loro malgrado, coinvolti. Ecco, noi pensiamo che quei cittadini, almeno loro, abbiano il diritto ad essere risarciti.

Per essere risarciti dal magistrato, oggi, occorre dimostrare che egli ha agito in malafede, per dolo, violando le leggi. Ma al cittadino danneggiato importa poco che il magistrato si sia mosso contro di lui per calcolo e con cinismo, o lo abbia fatto con cieco burocratismo e sciatta noncuranza. In tutti e due i casi il danno c’è, ed è evidentissimo.

Non è difficile comprendere che, per una persona per bene, anche il solo dovere subire un’inquisizione, che dura molti anni (non parliamo poi se ha anche dovuto subire la barbarie della detenzione, da innocente), equivale a subire una devastazione della propria vita. Questo danno deve essere risarcito.

Ci sono, e lo abbiamo più volte ricordato, le sedi internazionali cui ricorrere, come la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo. E’ necessario che anche l’Italia si doti di norme che riconoscano quel danno e sappiano remunerarlo. Sarebbero norme di alto valore morale. Ripeto: indipendentemente dal fatto che il magistrato abbia agito illegittimamente. Se questo avviene, del resto, l’unica remunerazione che può essere offerta alla collettività è l’immediato licenziamento del magistrato responsabile.

Immagino che qualche rappresentante del corporativismo togato abbia di che strillare. Peggio per lui. Noi camminiamo sul sentiero della civiltà giuridica, del rispetto delle leggi e del rispetto della persona. Ad altri lasciamo, e volentieri, le altre direzioni.

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