Tempo fa eravamo tornati a parlare della sentenza della Cassazione con la quale si era annullata la condanna contro un presunto stupratore: il punto era che il tribunale di primo e secondo grado non aveno tenuto in conto il fatto che la ragazza vestiva dei jeans molto attillati.
Eravamo stati dalla parte della Cassazione e c’eravamo opposti alla cagnara allora sollevatasi. Il nuovo giudizio di merito aveva confermato i rilievi fatti dal terzo grado.
Alla cagnara, purtroppo, avevano aderito e creduto in tanti. Fra questi anche l’avvocato difensore di un altro presunto stupratore, il quale, credendo alla propaganda sciocchina aveva detto: no, signori giudici, il mio cliente non ha stuprato, dato che la ragazza vestiva jeans attillati e non vi sono segni di violenza fisica. I giudici di merito gli hanno dato torto, così anche la Cassazione, affermando che la violenza può consistere nel costringere la vittima a togliere i pantaloni.
Con il che si è dimostrato quel che noi dicevamo: non è assolutamente vero che si è affermato il principio secondo il quale se vi sono jeans non c’è stupro, ma si è, giustamente, fatto rilevare il particolare significato che questo fatto assumeva in quel determinato processo.
La Stampa (16 novembre 1999), così commentava la seconda sentenza della Cassazione : “lavata l’onta della sentenza che aveva scatenato un coro di proteste contro i giudici”. E’ proprio vero, quando l’ignoranza si sposa con la babbioneria ne nascono figli deformi. Il bello è che ?ste robe le trovi pubblicate su quegli stessi giornali che, di tanto in tanto, mettono l’abito scuro, fanno la faccia arcigna, e ci apostrofano: occorre rispettare la magistratura. Eccome.