Mario Spezi, giornalista e scrittore, arrestato per il supposto reato di avere depistato le indagini sul “mostro di Firenze” è, con ogni probabilità, un mostro egli stesso. A me basta il calendario, per rendermene conto.
Tutte le indagini, ed i relativi processi, sono sempre partite dal presupposto che esiste una continuità, ideativa ed operativa, fra tutti i delitti del mostro. La pistola utilizzata dal mostro spara, per uccidere, nel 1968, freddando Barbara Locci ed Antonio Lobianco. Al delitto era presente anche un bambino, figlio di lei, che non vede nulla e torna in paese a piedi. In questo caso non ci sono i segni tipici del mostro (oltraggio ai corpi e prelievo di brani di carne femminile). Il primo delitto “tipico” è quello del settembre 1974, muoiono Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore. Da quel giorno sono passati trentadue anni, e trentotto dal primo duplice omicidio.
L’ultimo delitto attribuito al mostro risale al settembre del 1985, e muoiono due giovani francesi. Fra il primo e l’ultimo si consumano otto omicidi di coppiette, se si considera anche il primo, sette se si bada alla ritualità specifica, e comprendendovi l'”errrore” di avere ammazzato due tedeschi maschi, ingannato dai capelli lunghi di uno di loro. Trentotto o trentadue anni dal primo, ventuno anni dall’ultimo. Se Spezi riesce a depistare le indagini, ancora oggi, ed a farlo in modo così devastante da giustificare una misura cautelare così pesante, è un mostro.
L’arresto è stato disposto dal gip di Perugia, questo perché le indagini fiorentine si sono intrecciate con quelle sulla morte di Francesco Narducci. La supposizione è che quel giovane medico avesse molto a che vedere con il mostro e che sia stato ucciso dopo l’ultimo duplice omicidio. Magari perché aveva deciso di smettere, o di parlare. Chissà. Fatto è che l’uomo era strano (basti leggere quel che la moglie ha poi raccontato a Cugia) e che la sua potente (a Perugia) famiglia fece di tutto per mettere ogni cosa a tacere, ottenendo il risultato di far fiorire ogni tipo di sospetto, fondato o meno lo vedremo. Comunque, anche dalla morte di Narducci sono passati ventuno anni.
Nel frattempo il caso si è prestato a molte iniziative editoriali, che hanno visto distinguersi Michele Giuttari, per molti anni a capo della polizia che indagava, amante di gialli, autore egli stesso di libri, con un debole per le foto di se stesso, in posa affascinante e pensosa. Nulla di rilevante, anche se non è neanche del tutto normale che un poliziotto scriva “l’incontrovertibile verità” di un’indagine, quando a tanto non è giunta la giustizia. Sarà vero che c’è una loggia di mandanti, una sofisticata setta del crimine, che poi si affidava a bischeri del taglio di Vanni, ma questa è e resta una supposizione, non una incontrovertibile verità.
Mario Spezi ora si trova in carcere, e può darsi sia giusto così. Solo che, adesso, calendario alla mano, essendo passati decenni, entro qualche settimana (settimana, non mese) gli inquirenti portano i loro indizi al giudice e chiedono il rinvio a giudizio, si fa il processo, e se gli indizi sono prove si condanna Spezi. Se, invece, si pensa di far credere che l’indagine parte dal momento dell’arresto e la si mena per i prossimi anni, a me resta l’idea che Spezi sia un mostro, ma che la mostruosità di una simile giustizia se lo mangi in un sol boccone.