Anche nelle cose noiose c’è il lato divertente, che qui consiste nel definire “breve” un processo che dura sei anni. E’ lunghissimo. Lo è anche per la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che non solo considera congrui quattro anni, ma vi comprende anche il tempo delle indagini, che qui,
invece, sono escluse. Dall’avviso di garanzia al rinvio a giudizio se ne vanno un paio d’anni (spesso assai di più), che sommati ai sei fanno almeno otto. Alla faccia del breve!
Anche nelle cose tragiche c’è il lato grottesco, rappresentato dalle piagnucolose dichiarazioni di magistrati e corifei, secondo i quali con le norme del processo (non)“breve” si uccidono processi importantissimi, tipo quelli relativi a Parmalat o agli spioni di Telecom Italia. Asciugate i falsi lucciconi, risparmiateci la scena pietosa, tanto quei processi non possono essere uccisi, perché sono già morti. E’ morta la giustizia, in Italia, ha già fatto bancarotta. Ci costa più che agli altri europei, ma è la peggiore.
La domanda è: la proposta del processo (non)“breve” risolve qualche problema? La risposta è: no. E’ una delle cose più bislacche che mi sia capitato di leggere, al punto che, non essendo su “scherzi a parte” e per rispetto degli estensori, immagino che serva per dimostrare che così non si può andare avanti. Non sono appena arrivato da Marte, mi è chiaro che questa è la risposta alla sentenza della Corte Costituzionale e so che serve ad evitare che si concludano processi in capo al presidente del Consiglio. Non me ne scandalizzo più di tanto: la guerra dura da quindici anni, la magistratura ha invaso il campo della sovranità popolare e la politica ha invaso quello della giurisdizione. Oramai siamo alle clave. Ma se lo scopo è solo quello di salvare Berlusconi, il più votato dagli italiani, scusate, basta rifare il lodo.
C’è stato il “lodo 1 – la salvezza”, che nasceva dal lavoro prima di Antonio Maccanico, poi di Renato Schifani. Colpito e affondato. Poi è arrivato il “lodo 2 – la vendetta”, che porta il nome di Angiolino Alfano. Colpito e affondato. Si faccia il “lodo 3 – la rivincita”, copiando dall’ultima sentenza della Corte ed estendendolo ai ministri. Lo rifaranno fuori, statene certi, e non senza qualche ragione, ma, nel frattempo, si vari quella riforma della giustizia che, oramai, è come la mozartiana fede delle donne: “che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”.
Per molti anni, nel mentre le orde barbariche del giustizialismo reclamavano condanne senza processi, nel mentre la bestialità di certi procuratori inneggiava ai processi fatti in piazza (che orride schifezze, ascoltammo), ci ritrovavamo in pochini a sventolare non la bandiera dell’innocentismo, ma del garantismo, vale a dire del giusto processo. La cosa inquietante, della proposta depositata al Senato, è che lascia immutata la malagiustizia, ma ammazza il processo. Come dire: salviamo il killer e prendiamocela con il morto. La prescrizione è un istituto di civiltà, e andrebbe accorciata. Ma l’estinzione del processo è un’idea bizzarra. Che faccio se ho un violentatore reo confesso ed è suonata la campanella dell’ultimo giro? Gli regalo il Viagra? Si può osservare: ma se ho le prove e la confessione, perché non lo condanno? Giusto, difatti sono favorevole a farla pagare, ed anche pesantemente, a quei magistrati che operano perdendo tempo e lavorando poco. Ma con l’estinzione del processo loro non pagano e lo stupratore se ne va.
Ovunque peschi, quel testo è una miniera di perle. Il processo (non)“breve” non si applica per le pene massime (ipotetiche) superiori a quindici anni. Significa che più grave è il reato presupposto più la giustizia può essere lenta, come se avesse minore pericolosità sociale. Il presunto criminale, però, nel frattempo esce e sparisce, perché mica lo posso tenere venti anni in custodia cautelare. Non si applica ai mafiosi ed ai loro associati. Ma signori parlamentari, specie eletti al Sud, miei conterranei, ciascuno di voi può essere accusato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, reato che non esiste, come spiegammo, e che si presta a mille usi. In quel caso vi apprestate a restare sotto processo per diversi lustri. Vi pare ragionevole? Quella roba che è stata presentata è un’istigazione a contestare reati sempre più sproporzionatamente esagerati, in modo da garantire una più lunga vita processuale. Non è un gran risultato, se l’idea era quella di liberare la politica dal ricatto giudiziario. Potrei continuare, ma mi fermo.
Ho letto che Gianfranco Fini ha posto una condizione: il testo non deve essere emendato. Non so se sia vero, so che il presidente della Camera si suppone debba sostenere l’esatto contrario, altrimenti presiede un gregge. Tutto prenderà una piega diversa: gli emendamenti fioccheranno, la maggioranza andrà sotto a ripetizione, e l’una o l’altra delle parti farà saltare il banco. In quel caso, sia che si vada allo scioglimento sia che si viaggi verso il galleggiamento, è la legislatura che s’accorcia, non altro.