Giustizia

Il tavolo della vergogna

Il tavolo della vergogna

L’opportunità di trovare una via d’uscita legislativa alla situazione giudiziaria creatasi con le inchieste denominate “mani pulite”, o, se si preferisce, una soluzione politica per “Tangentopoli”, è stata più volte sottolineata dagli stessi magistrati della procura milanese, notoriamente i più esposti su questo fronte.

Così come, del resto, è stata richiamata anche dal consulente giuridico dell’Ulivo, ed oggi in corsa per l’incarico di ministro di Grazia e Giustizia, prof. Giovanni Maria Flik. Si discute, naturalmente, sulle modalità e sui contenuti di un simile provvedimento. Ed a proposito di modalità, richiamiamo l’attenzione su qualche cosa di davvero curioso.

L’onorevole Walter Veltroni, candidato ad assumere la carica di vice presidente del Consiglio, ha ancora una volta ripetuto una proposta da lui stesso avanzata : si apra un tavolo, attorno al quale far sedere i giudici, gli avvocati e gli imprenditori, e si discuta su come uscire da Tangentopoli.

La cosa curiosa non è tanto il linguaggio da mobilieri, oggi tanto di moda, per cui si “apre un tavolo” ad ogni proposito e su ogni questione (una volta si diceva “facciamo una commissione”). No, il curioso sta nel contenuto stesso della proposta, e per diversi motivi.

Prima di tutto vorremmo sapere per quale mai motivo una questione importante e rilevante per tutti, come la giustizia, la si debba considerare appannaggio di giudici ed avvocati, che stanno al problema della giustizia come docenti e bidelli stanno a quello della pubblica istruzione. Poi sarà il caso di chiedere cosa mai c’entrano gli imprenditori. E’ ovvio, si dirà, gli imprenditori sono interessati in quanto coinvolti : erano loro a pagare, erano loro a costituire i fondi neri e, quindi, presumibilmente, a macchiarsi di reati come l’evasione fiscale ed il falso in bilancio. Già, ma non vorremmo che una tale logica fosse presa alla lettera, nel qual caso assisteremo presto alla nascita di un sindacato degli inquisiti. E c’è da sperare che sia unitario, almeno quello. Ciò renderebbe ancora più bello e democratico il tavolo veltroniano.

L’impressione è che, invece, dietro una simile proposta non si nasconda solo una certa confusione mentale, ma anche un preciso intento politico : dimostrare che l’Italia è sempre stata sana, animata da imprenditori che fanno il loro dovere, anche civile, da giudici che applicano fedelmente la legge e da avvocati che sentono la difesa degli imputati come un dovere morale, prima che professionale; e che, a rovinare questo idillio, sia giunto, negli anni ottanta, e non prima, un mondo politico corrotto e corruttore, corpo malato ed estraneo al resto della società. Altro che “ritorno alla politica”, qui siamo al “salviamoci tutti ed a morte il politico”.

Ecco, questa non sarebbe la via per uscire da Tangentopoli, ma per erigerla a fondamento morale di ogni nuovo equilibrio istituzionale e politico.

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