La settimana scorsa era il governo, a detta dell’opposizione (assumendo il falso, ovvero che il ministro Nordio volesse cancellare le intercettazioni), a favorire la mafia. Questa settimana è il Partito democratico, a detta della maggioranza (assumendo il falso, ovvero che si sia resa visita in carcere a un detenuto agganciato dal crimine organizzato), a favorirla. Ora piantatela. Questa faziosità ottusa è lesiva della dignità nazionale e della credibilità residua che resta alla politica. Un incarognimento finalizzato allo spettacolo. Potrà infervorare le vostre tifoserie ma è un diuturno insulto alla ragionevolezza, un impegno da picchio fastidioso e ripetitivo. Ci sono tre solide ragioni per rendersi conto che se si parlasse dei fatti e della realtà certe cose non succederebbero.
1. Cospito non è detenuto perché anarchico, ma perché criminale. La Federazione anarchica italiana da tempo accusa quelli di Cospito di non essere anarchici ma violenti e che l’uso di “informale” al posto di “italiana” serve a ingannare sulla sigla, che fa sempre Fai. Nessuno pensa di liberarlo e nessuno intende cedere al ricatto dello sciopero della fame. Resta in carcere e deve scontare la pena, secondo quanto prevede la legge e dispone il giudice che presiede alla sua esecuzione. Quindi si sta litigando sul nulla.
2. È non solo lecito ma doveroso discutere della condizione delle carceri e anche del regime regolato dall’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario. Senza essere insultati quali complici o amici dei criminali. Una volgarità che ieri la sinistra usò contro la destra e ora la destra usa contro la sinistra, confermando solo la comune volgarità. Lo scopo della norma è impedire che criminali pericolosi mantengano collegamenti con la propria organizzazione esterna. Tale scopo deve essere preservato. Che per conseguirlo siano necessarie tutte le preclusioni in atto è discutibile. La sicurezza collettiva non comporta inumanità del trattamento per il detenuto.
3. Non solo non è neanche in discussione l’ipotesi folle di cedere a un gruppo di violenti che agitano qualche piazza, ma si spera e conta che siano identificati, processati e, se del caso, condannati. Ribadire questa ovvietà non ha senso, salvo segnalare che – anche in ciò – si sta discutendo del nulla.
Se questi tre presupposti fossero riconosciuti, nel comune interesse, poi non solo ogni differente punto di vista sarebbe accettabile, ma utile. Posso ben dire che non condivido questa o quella idea, senza per questo sentirmi in diritto e men che meno in dovere di dare all’interlocutore del complice del crimine. Si chiama “civiltà”. E faremmo bene a ricordarcene tutti, perché vivere senza memoria porta male. Ieri ci ha lasciati Enzo Carra, che fu esposto in manette. Una barbarie. Ma i genitori politici degli odierni astanti (politici, perché loro sono sempre gli stessi) – il Partito comunista e il Movimento sociale – non inorridirono: giustificarono. Non sarà litigando oggi che ci indurranno a dimenticarlo. Quando passò la giusta “legge Pecorella”, che cancellava la ricorribilità delle sentenze d’assoluzione, fu la sinistra a gridare allo scandalo. Quando il primo governo Conte cancellò (falsamente) la prescrizione fu una parte della destra a plaudire.
Intanto, in un solo giorno, apprendiamo che un assassino è evaso dai domiciliari, mentre un cittadino è assolto da spaccio di droga dopo 17 anni. Solo che il primo non era ancora condannato in via definitiva, dopo lustri, e per questo stava ai domiciliari anziché in galera, mentre l’assoluzione del secondo è ancora ricorribile. E lo schifo continua. La nostra rubrica “Giustiziati” non è un insulto ma un atto d’amore per la giustizia dalla malagiustizia violentata, un inno al diritto contro la pratica dello storto. Questi sono i problemi, questa la realtà di cui i partitanti sono corresponsabili. Il marziano è Nordio, impolitico piantone del diritto, ma collaborano nel rendergli arduo passare alle riforme.
Davide Giacalone, La Ragione 3 febbraio 2023