Giustizia

inciviltà giuridica

inciviltà giuridica

Ho l’impressione che a Mirabello, domenica prossima, non succederà nulla d’epocale e che la partita, ancora una volta, si giocherà sul terreno giudiziario. Purtroppo la madre della malagiustizia non solo è sempre incinta, ma ha gravidanze frettolose e sforna mostri in continuazione. Mentre la madre delle buone riforme non solo è tendenzialmente sterile, ma le poche filiazioni che avvia si traducono in aborti. Come è capitato nel caso delle intercettazioni telefoniche, anche per il così detto “processo breve” il combinarsi di posizioni rigide e distanti con il bisogno di giungere ad una mediazione sta partorendo un testo sbilenco e inguardabile.

Chi chiede che la legge non sia “retroattiva” mostra di avere le idee confuse in quanto al diritto, ma chiare per quel che riguarda lo scopo da conseguirsi: processare e condannare il presidente del Consiglio. Il governo che, invece, rivendica l’efficacia della norma sul passato, ma la esclude per alcuni tipi di reato, mostra d’avere analoga confusione mentale, finendo con il dare ragione ai propri critici. L’equa durata del procedimento, come stabilisce la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, non è una scappatoia per gli imputati, ma un diritto di tutti i cittadini (previsto, facendo cessare la pretesa accertativa e punitiva del processo, già dal diritto romano, alla faccia della retroattività). C’è il diritto degli imputati a non essere torturati a vita, e c’è quello dei cittadini tutti, della collettività, a non dovere a vita sospettare di quanti sono accusati, senza essere condannati. E siccome ciascuno di noi è innocente prima di una condanna definitiva, è diritto e interesse collettivo che questa condizione non sia messa in dubbio o sospesa per più del tempo equamente necessario.

Ma noi abbiamo sia la peggiore giustizia del mondo che un esercito d’ipocriti giustizialisti, trinariciuti ignoranti che considera l’accertamento di colpevolezza quale unica forma di trionfo per la giustizia. Meglio tardi che mai, purché arrivi. Roba da cannibali. Tutta questa gente, che talora sta in cattedra e spesso scrive sui giornali, neanche è capace di valutare i danni arrecati al sistema Italia, ivi compresa la sua economia, dall’essere il Paese più condannato in sede europea, sempre per la durata dei procedimenti. Il guaio è che mentre le loro mamme sono instancabili fattrici le altre si sono chiuse in convento, e rispettano i voti.

E’ un errore, commesso dal governo, volere contingentare i tempi del procedimento senza avere anticipato le misure utili ad accorciarne la durata. Guardate che non si tratta di fare la rivoluzione, perché per ottenere risultati importanti, dato lo sfascio generale, servono misure limitate e particolari: dalla perentorietà di tutti i termini (i magistrati, ad esempio, non rispettano quasi mai quelli per il deposito delle motivazioni delle loro sentenze), alla disciplina delle notifiche, alla digitalizzazione razionale degli uffici giudiziari. Non sarebbe la grande riforma, ma sarebbe un gran passo in avanti. Se, invece, si parte con il piede dei tempi tagliola si asseconda l’impressione che l’intento sia solo quello di far fuori i processi.

Mettendo un piede dopo l’altro, camminando, sarà più facile rispondere alle obiezioni, ed averne sempre uno libero per calciare lontano le obiezioni sciocche, come quella sulla retroattività. Ma se, come sembra volere fare il governo, s’insiste sull’immediata validità per tutti i procedimenti, escludendo però quelli relativi a reati particolarmente gravi, si cade in una doppia e terribile contraddizione: per quei reati sono già previsti tempi lunghissimi e, per giunta, se si distingue fra un reato e l’altro cade la motivazione nobile, ovvero il rispetto del diritto di tutti a che i processi infiniti non avvelenino il consesso civile. Insomma, dalle parti del governo devono mettersi in testa che i principi sono oggetti puntuti, non ammettono deroghe e se si comincia a giocherellarci va a finire che ci si riduce in brandelli, dimostrando che il proprio interesse era proprio il più miserabile e limitato.

Capitò con le intercettazioni, capita ancora con la durata dei processi. Segno che lo studente è somaro e non impara la lezione. Nel frattempo i compagni di classe lo prendono in giro, come quelli che non perdono occasione per ribadire, con voce sempre più tonante, che occorre si sia tutti vicini alla magistratura, cui sono affidate le sorti della nostra sicurezza collettiva e del contrasto alla delinquenza organizzata. Stiamo freschi! Lo sanno e lo vedono tutti che l’impunità è una regola e che le forze dell’ordine svolgono un lavoro spesso inutile, perché la giustizia non è in grado di processare quelli che loro acciuffano. Ma fa niente, quel che conta è dire queste cose generiche e inutili al solo scopo di far le boccacce al somaro che non riesce a spiegarle al popolo. E sapete perché non ci riesce? Sapete perché Silvio Berlusconi, da sedici anni, combatte una battaglia giusta ma sfigata? Perché parla solo di se stesso e sembra proprio che della malagiustizia generale non gliene freghi un accidente. E’ vero che è costantemente al centro dell’attacco giudiziario, ma è anche vero che non è riuscito a mettere altro al centro dell’attenzione generale.

Ci sono padri cui tolgono i figli, nel presupposto di violenze mai esistite. Ci sono carabinieri che lavorarono contro la mafia e finiscono processati per mafia. Ci sono indagati che rientrano dall’estero e che vengono tenuti agli arresti perché non vadano all’estero. Ma porca miseria sono queste le cose che fanno imbestialire, che testimoniano l’intollerabilità di un sistema incivile e vergognoso. Invece stiamo qui, a parlare della retroattività. Del nulla. In attesa di Mirabello. Il nulla.

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