Giustizia

Kafka non era nessuno

Kafka non era nessuno

Sono passati quasi dieci anni da quando un referendum popolare, quindi la diretta volontà degli italiani, stabilì che i magistrati avrebbero dovuto rispondere degli errori commessi e pagare di tasca propria. Da allora ad oggi le cronache ci hanno presentato non pochi casi di errori giudiziari, alcuni dei quali commessi nella macroscopica violazione dei diritti della persona.

Ebbene, sapete in quanti casi, in questi dieci anni, i magistrati hanno effettivamente pagato? Tenetevi forte, neanche in un caso. Non una sola volta. Magnifico, vero? Non esiste, sulla terra, altra categoria altrettanto infallibile, o, se preferite, altrettanto protetta.

Dato che, talora, i magistrati lamentano la lentezza e la ferraginosità della giustizia italiana, sarà bene che i cittadini abbiano un’idea di quale è l’infallibile meccanismo difensivo che, in caso di responsabilità dei magistrati stessi, viene messo in atto.

Mettiamo che voi pensiate di avere subito un danno, e che vogliate rivalervi su chi ve lo ha procurato. Prima di tutto si dovrà stabilire se la vostra richiesta è ammissibile, e, per farlo, si tiene un regolare processo. Mettiamo che, dal primo grado fino alla Cassazione, vi abbiano dato ragione : è ammissibile. Questo, però, non significa che avete ragione, significa solo che si potrà celebrare il processo. Il quale, ovviamente, ha tre gradi di giudizio.

Nel corso di questo processo (il secondo, quindi) non vi troverete di fronte il magistrato che accusate, ma lo Stato, rappresentato dalla Presidenza del Consiglio. Mettiamo che riusciate a vincere, dal primo grado fino alla Cassazione. Sarete, a questo punto, notevolmente invecchiati, ma, almeno, pensate di potere avere il risarcimento. Sbagliato, perché lo Stato, a quel punto, può decidere (ma non è obbligato a farlo) di rivalersi su quel magistrato che voi, fin dal primo giorno, avevate accusato. Per rivalersi, lo Stato, avvierà un processo, con i suoi bravi tre gradi di giudizio.

Per avere il vostro risarcimento aspetterete che si completino e, appunto, questo, in Italia, fin qui, non è mai successo. Mai.

Al tempo stesso, però, le condanne contro lo Stato italiano, per i casi di ingiustizia o negata giustizia, sono fioccate e fioccheranno ancora, sempre più numerose. A pronunciarle, però, non è un Tribunale italiano, bensì quello europeo, cui i cittadini, non a torto, ritengono più utile rivolgersi.

A parte la questione del risarcimento, vi è un’altra sede in cui i cittadini possono sperare che vengano puniti quei magistrati che non sanno fare (o non voglio fare) correttamente il loro mestiere, ed è il Consiglio Superiore della Magistratura. Per tutelare l’indipendenza dei magistrati, per evitare, quindi, che altri poteri (l’esecutivo, ovvero il governo, od il legislativo, ovvero il parlamento) tentino di coartarlo od indirizzarlo, si è creato un organo di autogoverno, il CSM, appunto.

Data questa sua natura, ci si dovrebbe attendere che il CSM sia un organo occhiuto e severo, conscio che ciò che difende è l’onorabilità e, quindi, in ultima analisi, l’indipendenza della magistratura.

“Conoscere per deliberare”, era il motto di un grande Presidente liberale, così l’Associazione Contro la Giustizia Ingiusta ha inviato, al CSM, la richiesta di conoscere i numeri, a partire dal 1990, relativi ai procedimenti avviati, per gravi violazione dei doveri dei magistrati, ed ai loro esiti.

Perché una risposta venisse data si è dovuto riunire il Comitato di Presidenza, che ha dato parere favorevole. Benissimo. All’Associazione è quindi giunta una cortese ed apprezzata lettera del sgretario generale, la quale informa che “a norma dell’art. 18 del Regio Decreto Legislativo 31 maggio 1946 n. 511, l’azione disciplinare può essere promossa non solo nell’ipotesi di gravi violazioni degli specifici doveri professionali commesse nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali, ma anche nel caso in cui il magistrato tenga, in ufficio o fuori, una condotta comunque idonea a renderlo immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere ovvero a compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario”.

Sarebbe sciocco lamentarsi per la giustissima pignoleria del CSM, è un bene, infatti, che i giuristi, ed i magistrati in particolare, siano precisi e pignoli. Solo si è temuto che i dati inviati perdessero il loro valore, dato che i procedimenti avviati contro magistrati che hanno violato i diritti dei cittadini si sommano con quelli avviati contro magistrati che orinano all’aperto. Ma si trattava di un timore infondato, perché, come si può vedere dalle tabelle che sono state inviate, e che fedelmente riproduciamo, è proprio il sommarsi di tutte le diverse, più o meno gravi, violazioni, di cui il CSM si è occupato, che diventa significativo. “E’ la somma – come diceva Totò- che fa il totale”.

Insomma, in sette anni di attività, la sezione disciplinare del CSM, è riuscita ad irrogare 100 ammonimenti e 64 censure. Poi i numeri, già esigui, crollano ulteriormente : 22 perdite di anzianità; 14 censure con trasferimento d’ufficio; 6 perdite d’anzianità con trasferimento d’ufficio; 5 rimozioni; ed appena 2 destituzioni. In sette anni. E, questo, tenuta presente la definizione allargata di cui alla lettera del segretario generale. Se ci si fosse limitati a quel che si chiedeva di sapere, si suppone, per tenere il conto sarebbero state sufficienti le dita di una mano.

Delle due l’una, quindi, o i magistrati sono degli angeli, o la sezione disciplinare del CSM è una bonaria palestra di buffetti, del tutto all’oscuro di quel che realmente avviene nei Tribunali d’Italia. Oltre tutto non comperano i giornali e si fanno un vanto di non guardare quel che succede fuori dalla finestra, altrimenti sarebbe colà giunta notizia di magistrati che tengono conferenze stampa sulle inchieste loro affidate, in questo modo contravvenendo alle prescrizioni del CSM stesso. Il CSM, evidentemente, non ode, e non si cruccia di non essere udito.

Tutto questo è grave. E’ grave perché l’inefficienza degli organi di autocontrollo giustifica, prima o poi, l’interevento di qualche controllo esterno. Essendo evidente che quelli di cui stiamo parlando non sono “affari dei magistrati”, ma affari di tutti i cittadini. Per troppa clemenza verso se stessi, quindi, i magistrati si rendono responsabili della messa in pericolo dell’autonomia della magistratura.

Infine. nelle tabelle che ci sono state inviate, naturalmente, per quel che riguarda il 1997 sono indicati solo i procedimenti pendenti al 1° gennaio. Ecco, sarebbe bene che, ogni anno, i dati vengano resi pubblici, e che i sistemi d’informazione dedichino loro la giusta attenzione. Per avere un’idea di come va la giustazia italiana, difatti, questi dati non sono meno importanti, e significativi, di quelli che vengono resi pubblici all’innaugurazione dell’anno giudiziario.

I cittadini italiani sarebbero meno allarmati se sapessero che, a fronte di innegabili deviazioni di non pochi magistrati, vi è qualcuno, da qualche parte, che controlla ed, eventualmente, interviene e punisce.

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