Giustizia

La bomba di Ustica

La bomba di Ustica

27 giugno 1980. Sono passati quasi venti anni, e quindi, forse, si potrebbe ragionarne con calma. Paolo Guzzanti, invece, ha avuto fretta ed ha scritto un libro (Ustica verità svelata – Bietti) non privo di ripetizioni e discontinuità che, se avesse lavorato più distesamente, si sarebbero potute evitare. Ma Guzzanti non ha avuto torto, e per questo suo lavoro va ringraziato.

In quella sera d’estate, alle 21, quasi in punto, venne giù il DC9 dell’Itavia che sorvolava l’isola di Ustica, diretto a Palermo. Ebbene lo ammetto, anche io, che credo di essere attento ai fatti di questo paese, mi son bevuto per intero tutte le panzane sul missile che lo avrebbe abbattuto. Anche io, come Guzzanti, come quasi tutti, credo. Il fatto è che nessuno ci ha mai informati con chiarezza che un paio di cose sono oramai certe: la prima è che non è mai esistito alcun missile; la seconda è che a far precipitare l’aereo fu una bomba, collocata nella toilette.

Dato che tutti noi avevamo collocato il disastro di Ustica fra i misteri non svelati, sullo sfondo di una battaglia aerea che avrebbe coinvolto francesi, americani e libici, abbattendo un volo di linea italiano, bene ha fatto Guzzanti ad avere fretta. Venti anni dopo c’è una fretta enorme di dire che ci hanno ammannito venti anni di coglionerie.

Le cose andarono così. Subito dopo il disastro il ministero dei trasporti, ministro era Rino Formica, concluse che l’aereo era caduto per un cedimento strutturale. A tale conclusione si giunse dato che il magistrato di turno, in quel di Palermo, aveva sequestrato il libretto delle manutenzioni e ne aveva tratto la convinzione di cui sopra. Vale a dire: l’Itavia faceva volare uno scarcassone, e la cosa strana non è che sia venuto giù, ma che fino a quel momento fosse rimasto su. L’allora amministratore dell’Itavia, comprensibilmente, non gradì questo modo di vedere le cose, convocò una conferenza stampa e disse: ad abbattere l’aereo è stato un missile.

A quel punto l’inchiesta imbocca la via del missile e, si comincia (sbagliando, come diremo) a cercare l’altro aereo che avrebbe lanciato il missile, anche tenuto presente che in quel momento, nel Mediterraneo, si trovavano una portaerei francese ed una americana (paesi Nato, organizzazione allora non di moda, come nei nostri giorni del Kosovo), e tenuto presente che, nel frattempo, era stato trovato, sulla Sila, un Mig libico abbattuto. Dove cercare l’aereo killer? Nei tracciati radar, naturalmente. Da quel momento l’inchiesta segue la pista dei depistaggi, di cui si è avuta una chiara raffigurazione nel film “Il muro di gomma”. I militari depistano, si disse, perché non ci mostrano il tracciato dell’aereo killer, degli altri che presero parte alla battaglia, e del missile. Peccato, però, che nulla di tutto questo era in cielo, quella sera, e, quindi, nessun tracciato radar poteva mostrare quel che non c’era.

Ah, dimenticavo, il Mig libico. Questo era caduto il 18 luglio, disarmato e senza benzina. Metterlo in relazione con quel che era avvenuto il 27 giugno precedente è un’ardua fantasticheria, che pure ci è stata venduta come una concreta possibilità (grazie che era senza benzina, se volava da quella sera).

Cercare il missile, o l’aereo killer, nei tracciati radar era un errore, dato che si sarebbe, semmai, dovuto cercarlo in fondo al mare. Il missile, difatti, se non era uno di quei raggi mortali da cartone animato, avrebbe pur dovuto lasciare traccia di sé. Invece, in fondo al mare, si cercò molto tempo dopo ed a rate. Quando si portò a galla il necessario un perito indipendente (di quelli che lavorano in tutto il mondo per incidenti o disastri analoghi) potè redigere un minuzioso documento ove non passa l’ombra del dubbio: l’aereo è saltato perché a bordo è esplosa una bomba.

Onore al super perito, ma onore anche ad un colonnello dell’aereonautica che nelle ore successive al disastro si era recato dal magistrato palermitano per manifestargli la sua ferma convinzione: signor giudice, ho sempre studiato gli effetti delle esplosioni, ho visto i corpi straziati ed i pezzi dell’aereo, altro che cedimento strutturale, lì è esplosa una bomba. Il magistrato non lo prese neanche in considerazione e, pur ammettendo (in seguito) di averlo ricevuto e ben ricordando quel che gli disse, non lo mise neanche a verbale. Da notare che il colonnello era dell’aereonautica, vale a dire della stessa arma successivamente accusata di depistare le indagini.

Le quali indagini furono effettivamente depistate, ma dal missile e dai suoi devoti cultori (molti ed influenti, tant’è che siamo stati tutti rintontoniti da questa storia), così che nessuno si è preso la briga di indagare su chi avesse messo la bomba a bordo.

Morale: la sola speranza, a questo punto, di conoscere i colpevoli, ed i loro mandanti, è che ci lascino un libro di memorie; mentre non possiamo neanche dire, a chiare lettere, che il missile era una bufala, altrimenti venti anni di propaganda vanno nel pantano, assieme ai propagandisti.

Una storia, come si vede, che merita di non essere dimenticata. Per rispetto delle vittime che persero la vita, e di noi tutti, vittime del raggiro e della disinformazione.

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