Anche questa volta, anche a questo giro di chiacchiere estive, non se ne farà niente: Sofri resterà in carcere, gli altri capitoli relativi agli anni di piombo continueranno ad essere letti con occhiali penitenziari.
Nell’inutilità del dire e dello scrivere, però, vorrei inutilmente aggiungere che tanta passione per la grazia (istituto non antidemocratico, ma, di certo, pre-democratico) non mi piace, e che, semmai, condivido di più le posizioni, diverse, di gente come Sofri e Fioravanti.
Sostenere, difatti, che a Sofri dovrebbe essere data la grazia, dato che molti anni sono passati dal delitto per il quale è stato condannato, ed assai controverso è l’iter giudiziario che alla condanna ha portato, volerlo graziare, insomma, perché lui non sarebbe quello di quegli anni là, non ha molto senso. Per rendersene conto basta ricordare che assieme a Sofri è stato condannato anche Pietrostefani, che circola libero sulla terra di Francia. Perché Pietrostefani non viene estradato? Perché, in Francia, più che giustamente, si ritiene il reato caduto in prescrizione e, pertanto, per la legge francese, la condanna italiana, arrivata dopo troppi anni, non ha alcuna validità.
I soliti benpensanti nonpensanti inorridiscono: ma come, prevedere la prescrizione anche per l’omicidio? Sì. Perché la prescrizione non è la colpevolezza oramai scaduta, ma la razionale presa d’atto che dopo un certo numero d’anni (proporzionato al reato presupposto) la verità processuale diviene inafferrabile e la sentenza è comunque ingiusta. Quindi, se le cose politiche avessero un senso, chi chiede la grazia per Sofri dovrebbe accompagnare tale richiesta con la modifica, in tal senso, generale del nostro ordinamento. Anche perché, parliamoci chiaro, Sofri non è certo il solo detenuto che, oramai, ha solo una lontana parentela con l’uomo che si presume abbia commesso il reato.
Scrivo queste considerazioni proprio perché sono inutili, non le scriverei se la grazia fosse una prospettiva concreta. Giacché, in questo secondo caso, la liberazione di Sofri non sarebbe un atto d’equanime e generale razionalità, ma rimarrebbe un atto positivo.
C’è di più, però. Sofri si dichiara innocente, così come Fioravanti e Mambro si dichiarano innocenti per la strage di Bologna. In tutti e due i casi ci sono condanne definitive; in tutti e due i casi tali sentenze sono più che lacunose e criticabili; in tutti e due i casi è stata chiesta e rifiutata la revisione del processo. Questi non sono fatti tecnici, non riguardano solo i cultori della materia giudiziaria. Sono fatti che inquinano la nostra storia e pesano sulla vita di chi sconta. Pisanu, e con lui tutto il mondo politico, dovrebbero riflettere sul fatto che la violenza trova fertile terreno dove si semina la falsificazione della storia ed il mito dell’ingiustizia.
Per questo, almeno per questo, temi come questo meriterebbero maggiore serietà e minore superficialità di chi parla a sproposito di certezza della pena e di anacronistiche pacificazioni.