Giustizia

La guerra di Ustica

La guerra di Ustica

Ma avete letto quel che hanno pubblicato, ieri, a proposito della strage di Ustica? Roba da matti. Il 27 giugno 1980 il DC9 dell’Itavia, in volo da Roma a Palermo, cadde al largo di Ustica. Tutti, all’inizio, parlarono di un “cedimento strutturale” e le ricerche andarono avanti con esasperante lentezza.

I giornali di ieri fanno titoloni: fu un atto di guerra. Ma contro chi? Di grazia, se ci fu una guerra nel nostro spazio aereo, si può sapere chi combatteva contro chi? Possibile che tutti scrivano che c’è la guerra e nessuno senta la sana curiosità di sapere chi sono i belligeranti?

Il fatto è che le notizie erano solo lo stanco copiato di una commedia grottesca, quella dell’indagine su quel che avvenne venti anni addietro. Un anno fa la procura di Roma depositò le richieste di rinvio a giudizio nei confronti di militari accusati di avere depistato le indagini, l’altro ieri il giudice istruttore li ha rinviati a giudizio (è appena il caso di notare che in Italia i giudici istruttori non esistono più da quando è stato approvato il nuovo codice di procedura penale, ma dato che questa indagine affonda le radici nella notte dei tempi ecco che si procede con il vecchio rito, che, difatti, è solo un rito).

Perché avrebbero depistato? Perché non si trovano i tracciati radar che confermano la tesi secondo la quale si stava svolgendo una battaglia aerea nei cieli d’Italia. Siccome non si trovano vuol dire che qualcuno li ha distrutti, o ha dato ordine di non registrarli. L’ipotesi, per potere avere un qualche fondamento, deve presupporre che un gruppo di militari (con o senza una copertura politica?), per celare le responsabilità di aerei nostri alleati, abbiano ordinato ad alcune stazioni radar di far finta di niente. Ad occhio e croce si tratta di una operazione segretissima che non può coinvolgere meno di un centinaio di persone. E c’è qualcuno, fra i creduloni nazionali, che può credere al fatto che un segreto così diffuso possa essere mantenuto e difeso?

I giornali di ieri pubblicavano per evidente una verità tutt’altro che accertata, e davano per buona la tesi della guerra. A chi, noi, o i francesi, o gli americani, stavamo sparacchiando (per giunta andando a colpire il volo civile)? Si narra che la questione coinvolga i libici. Bene, prendete i giornali di ieri, e qualche pagina appresso alle notizie su Ustica troverete dei bei soffioni al colonnello Gheddafi, che giusto ieri festeggiava i trenta anni dal giorno in cui diede il benservito a re Idris.

Ora, il nostro senso dell’umorismo è smisurato, almeno quanto quello dell’orrore, ma quando è troppo è troppo. La tesi sarebbe: venti anni fa un paese nostro alleato sparò ad un Mig libico per far fuori Gheddafi, in volo verso Varsavia; l’astuto colonnello si nascose sotto il DC9, così che il nostro alleato tirò giù 81 innocenti e lasciò su il suo bersaglio; i loro militari ed i loro governi tennero il segreto, i nostri militari (ed i nostri governi?) per fare altrettanto depistarono le indagini e commisero gravi reati; dopo venti anni accertiamo (un corno!) che ci fu la guerra e, già che ci siamo, festeggiamo l’anniversario del nostro nemico di allora. Ditemi voi se non è roba da pazzi.

Un ultimo particolare, così, tanto per gradire. Sapete chi è che ha “scoperto” come sarebbero andate le cose? Non un magistrato, non i nostri servizi segreti, non una soffiata degli alleati, no, la tesi secondo la quale si voleva colpire Gheddafi è stata presentata ufficialmente all’opinione pubblica mondiale nel 1988. Da chi? Dal maggiore Jallud, il quale, da buon soldato libico, per la verità, si limitò a ripetere quel che un mese prima aveva suggerito il suo signore e padrone: Gheddafi, appunto.

Signore e signori, avete quindi assistito alla guerra. Si, alla guerra al buon senso ed alle indagini fatte bene. Non saprete mai cosa accadde ad Ustica, non saprete mai se l’aereo fu fatto esplodere da una bomba, non saprete mai se, per caso, quella bomba non l’avessero messa i libici o qualche terrorista da loro finanziato. Sapete, invece, che Marco Minniti è andato ad incontrare Gheddafi, che quest’ultimo deve essere festeggiato con particolare calore, e non è escluso che il presidente del consiglio, Massimo D’Alema, si rechi in visita a rendergli omaggio. Noi italiani siamo gente che non portiamo rancore.

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