Giustizia

La verità di Colombo è più vera dopo aver letto Colombo

La verità di Colombo è più vera dopo aver letto Colombo

Situazione di raro privilegio, quella di Gherardo Colombo, pubblico ministero presso la Procura di Milano. Situazione di raro privilegio perché sostiene una tesi che può dimostrare per il solo fatto di sostenerla.

Egli afferma che la vita politica italiana è inquinata dal ricatto. Per sostenerlo si avventura in riferimenti storici non del tutto precisi ed appropriati, ma questo ha poca importanza. Quel che conta è che, a suo dire, ciò che di Tangentopoli non si è scoperto costituisce il materiale con cui si alimenta il ricatto. E se la cosa viene detta da chi è pagato, dallo Stato, al fine di scoprire quel che non è stato scoperto, non c’è dubbio che merita attenzione.

Tanto più che il dottor Colombo fu uno dei primi a chiedere che il Parlamento varasse una soluzione politica, capace di chiudere al più presto la pagina di Mani Pulite. Certo, la proposta di Colombo (e non a caso il suo superiore, Gerardo D’Ambrosio, non perde occasione per ricordare di non averla condivisa) era articolata in modo da favorire la confessione dei reati e, quindi, da far emergere più rapidamente certe realtà di corruzione. Ma il dottor Colombo non vorrà farsi il torto di credere che un condono sarebbe bastato al trionfo della verità. Oltre tutto è lo stesso Colombo a ricordare che in certi processi quel che conta non è la sentenza, ma il solo fatto che un determinato reato venga portato a conoscenza dei più (la qual cosa, il dotto Colombo converrà, è anche la negazione di ogni legittima e regolare amministrazione della giustizia).

Il Colombo del condono, quindi, è divenuto il Colombo che vuol continuare ad inquisire senza sosta e senza freni. Perché? E perché ci ripensa adesso? Perché non ci pensò quando collaborava con Antonio Di Pietro?

E poi, guarda un po’ il caso, non appena il pds mostra di essere sulla strada delle riforme istituzionali, non appena accetta che fra le riforme ve ne siano alcune che si occupano di giustizia, ecco che, da Milano, giungono rumori di nervosismo. E, guarda sempre il caso, Colombo non ha ancora finito di rilasciare l’intervista (al Corriere della Sera) che nei tribunali milanesi si comincia a sostenere che, forse, sui finanziamenti al pci-pds non si è indagato abbastanza. Ma guarda un po’.

E che dire delle reazioni all’intervista? Dal pds giungono grida di scandalo ed indignazione, taluni fra i massimi dirigenti hanno parole durissime. Financo il ministro Flick sembra avere un moto di reazione. Il vice presidente del CSM afferma che si è superato il limite. Passano ventiquattro ore e tutti questi signori cambiano opinione, o, quanto meno, cambiano tono. Ma guarda un po’.

Se non fossimo sicuri, come siamo, della assoluta onestà del dottor Colombo, se non fossimo sicuri, come siamo, della assoluta fedeltà istituzionale della procura milanese, verrebbe quasi da chiedersi se, per caso, durante quelle ventiquattro ore non ha preso corpo un bel ricatto.

Ma non è così che stanno le cose. Il pantano delle interferenze politiche della magistratura, che nacque sul pantano delle interferenze politiche nell’amministrazione della giustizia, ha prodotto un ulteriore vagone di fango, che il dottor Colombo ha condotto a destinazione. Ma pantano più pantano fa tanto pantano; e fango più fango fa tanto fango.

Colombo ha dato il suo contributo, anche se noi facciamo fatica ad essergliene grati.

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