Giustizia

Le toghe e le banche

Le toghe e le banche

L’Italia torna ad affettare grasse porzioni d’ipocrisia. Nel mentre il Paese affonda in una stagione di travagli giudiziari, la politica è assente, incapace, disposta solo all’esercizio elettorale. E’ un problema grosso, quello che va in scena sotto i nostri occhi.

Berlusconi dice che le banche italiane sono finite in mani straniere a causa delle inchieste giudiziarie. E’ vero, ma è solo un pezzo della verità. Gli rispondono facendo i saccenti, dicendo che a bloccare le due opa italiane sono stati gli organi di controllo, dalla Banca d’Italia alla Consob. Balle, balle grandi come case. Nessuno si era mosso, nessun blocco era mai giunto, nessuna bocciatura s’era vista, se non dopo l’ingresso delle procure. Ed è una balla anche che gli olandesi vincono perché lanciano l’opa, perché su quel terreno avevano già perso. Berlusconi dice la verità, ma ne tace una parte significativa: a quel punto non si sarebbe giunti se la politica non avesse coperto l’idea storta di difendere l’italianità delle banche organizzando cordate di soggetti impresentabili, se la politica non avesse coperto Fazio. E lo coprirono a destra, lo coprirono a sinistra, lo coprì la Confindustria.

Se tutto non fosse abbandonato ad una faziosità senza più neanche l’orgoglio di un’idea, ci si accorgerebbe che Berlusconi e d’Alema stanno dicendo la stessa cosa: Fiorani avrà pure commesso degli errori, Consorte avrà pure sbagliato, ma l’idea di acquistare Antonveneta e Bnl era giusta. Il fatto è che Bpi poteva comperare Antonveneta ed Unipol poteva comperare Bnl solo comportandosi come si comportavano Fiorani e Consorte (tutti e due legati a Gnutti), senza che gli organismi di controllo avessero nulla da ridire. Berlusconi e d’Alema dicono la stessa cosa, ed il loro comune errore è il non interpretare la politica per quello che dovrebbe essere: elaborazione delle regole utili alla difesa degli interessi nazionali. Si pensa che l’Italianità delle banche sia un valore? allora si elaborano regole, non incompatibili con l’UE (Francia docet), che rendano più difficili le scalate dall’estero. Se, invece, si spinge un mondo inadeguato a fare operazioni fuori dalla sua portata si creano le condizioni perfette per il fiorire dei reati. Qui arriva la procura, con quel che segue.

La giustizia penale è uno strumento del tutto inadeguato per governare problemi di questo tipo, anzi, non serve affatto a governare, ma solo a punire. Nel punire, o nel perseguire, inoltre, non è immune da altri mali endemici dell’Italia, così che ci sono inchieste che avanzano ed inchieste che spariscono, notizie che viaggiano in prima pagina ed altre che tornano utili per ricatti futuri. Che fine a fatto, tanto solo per citare un esempio, l’inchiesta sulla cessione di Telecom Italia, nel 2001? In quell’occasione un fiume di denari fu sottratto ai risparmiatori, ed i contorni della vicenda sono noti a chiunque abbia voluto ragionarci. Qualcuno ha delle notizie in merito?

E, sempre a tal proposito, ma affrontando questione del tutto diversa, leggo che Giovanni Consorte sta molto male. Non lo conosco, ma me ne dispiace, come di chiunque stia male. Inoltre è facile immaginare che l’interazione fra malattia ed inchieste deve essere un inferno, e mi dispiace doppiamente. Leggo anche che, in ragione della malattia, il suo interrogatorio è stato rinviato a maggio. Giusto, se sta male chi se ne frega dei tribunali. Ma c’è anche da dire che che io ho letto un’intervista a Consorte, pubblicata da Repubblica lunedì scorso, nella quale si mostra lucido e combattivo. Inoltre, ovviamente, in grado di riceve i due giornalisti e parlare loro. Si tratta della stessa persona? ricordo male o uno come Sardella, lo squalo, fu interrogato in procura nel mentre il cancro se lo stava mangiando? e non era De Lorenzo quello spettro detenuto che s’aggirava per tribunali? perché, nelle aule dei tribunali, la bella frase “la giustizia è uguale per tutti” la mettono sempre dove i giudici non possono leggerla?

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