Giustizia

Legge Pecorella ed omicidio D’Antona

Legge Pecorella ed omicidio D'Antona

Ho scritto e continuo a sostenere che la legge Pecorella, quella che stabilisce la non ulteriore processabilità di chi è stato assolto in primo grado, è una buona legge, ispirata ad un giusto principio.

Proprio per questo salto sulla sedia quando leggo i titoli di alcuni giornali: a causa della legge Pecorella alcuni (14) brigatisti rossi “responsabili” dell’omicidio D’Antona possono farla franca. Ma è mai possibile? No, difatti questa non è una notizia, ma una cretinata, una bufala, un imbroglio.

Gli assassini di D’Antona sono stati condannati all’ergastolo, in primo grado, ed ora si deve celebrare il processo d’appello (non sarà mai ripetuto abbastanza che si dovrebbe fare il tutto in tempi decisamente più brevi). Non c’è legge Pecorella che tenga e non c’è accidente che possa salvarli, se non dimostrando la loro innocenza (cosa piuttosto improbabile, sebbene non da escludersi per principio). La questione, semmai, è relativa ad alcuni complici.

Nel corso del processo di primo grado l’accusa aveva chiesto la condanna, per omicidio, anche di altre persone, le quali, invece, sono state riconosciute innocenti dal tribunale. Ma innocenti per il reato di omicidio o concorso, mentre sono state condannate per altri reati, più o meno gravi. Nei confronti di queste persone il processo d’appello non può farsi relativamente ai reati per cui sono stati assolti, ma solo per quelli che riguardano la condanna. Questa è la notizia, e non ha nulla a che vedere con l’altra, la bufala, secondo cui gli assassini la faranno franca. Chi non sarà riprocessato per omicidio non è un assassino, come ha stabilito un tribunale, non un sondaggio d’opinioni o il punto di vista di qualche passante.

Dietro la diffusione della bufala si nascondo due vizi, due mali della nostra vita civile. Il primo consiste nel trattare le cose di giustizia con superficialità, ignoranza ed emotività. Il secondo è più interno alla macchina della giustizia e riguarda l’operato di quei pubblici ministeri che mirano a raggiungere il massimo delle condanne teoriche per il massimo numero di persone possibili, anche sacrificando a questo tempi dibattimentali infiniti ed infinite ripetitività, mentre, invece, in un sistema sano dovrebbe valere un principio diverso: essere sicuri di potere inchiodare un colpevole, nel più brave tempo possibile, puntando sui reati che si è sicuri di potere dimostrare e, con quelli, ottenere il massimo della pena.

Una corretta amministrazione della giustizia persegue non solo e non tanto l’astrattamente giusto, ma prima di tutto il concretamente ottenibile. Anche perché inseguendo l’astrattamente giusto si finisce con il massacrare per decenni cittadini che, alla fine, si rivelano del tutto innocenti. Quindi, confermo, la legge Pecorella s’ispira ad un giusto principio di civiltà.

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