Giustizia

L’inutile patto per la sicurezza

L'inutile patto per la sicurezza

Il “patto per la sicurezza” è una trovata pubblicitaria di gran successo, ma di nessuna utilità. Si compone d’ingredienti alla moda, come la collaborazione bipartisan (aderiscono municipalità governate da schieramenti diversi) o il richiamo al “giro di vite”, che fa tanto Sarkozy

(ma lo avevano già fatto Blair e Clinton, due sinistre di governo). Più polizia e più contrasto alla criminalità, e poi? Nulla, perché dopo il preludio poliziesco giunge l’opera della giustizia, che fa schifo.
Se per combattere la criminalità non vogliamo diventare uno Stato di criminali, siamo tenuti a considerare innocente chiunque non sia stato condannato in via definitiva, il che significa che se vogliamo combattere la criminalità abbiamo bisogno non solo delle manette, ma anche di tribunali che emettano sentenze in questo secolo. E ce lo scordiamo, perché la nostra è la peggiore giustizia conosciuta: ci costa quanto quella di Paesi in cui funziona, spendiamo quanto e più degli altri, ma le sentenze non ci sono. I colpevoli se la ridono, gli innocenti vivono il loro inferno. Arrestare quelli che poi saranno scarcerati per decorrenza dei termini serve a poco e nulla, e scoprire che il tale assassino era già stato arrestato innumerevoli volte fa arrabbiare, e giustamente, l’opinione pubblica, ma bisogna anche avvertirla che se stava a spasso è perché lo avevano arrestato, ma mai condannato, e forse nemmeno processato. La bancarotta dei tribunali, quindi, è una faccenda che riguarda tutti, non solo magistrati e cancellieri.
Insediatosi Prodi s’è ritenuto che la prima e più urgente emergenza fosse quella del sovraffollamento carcerario, e con l’indulto si sono scarcerati i condannati. Scrissi che prima di considerarlo sbagliato lo trovavo inutile. Difatti, stiamo come stavamo, alcuni scarcerati sono tornati alle antiche passioni, e ora, se si dà un giro di vite, le carceri riscoppiano. Li reindultiamo? Il rimedio c’è: far lavorare la giustizia, processi in tempi ragionevoli, certezza della pena e pene alternative al carcere. Per battere questa strada occorre una politica che non sia leccatoga, servizievole con una corporazione, ma abbia senso del diritto. La nostra preferisce il propagandismo, la faccia feroce del giro di vite. Peccato sia spanato il cervello, e la vite ruota nel nulla.

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