Giustizia

Mafiando e occultando

Mafiando e occultando

Ci sono cose che più le nascondi e più si vedono. L’11 gennaio, leggendo i giornali, lampeggiava l’occultamento di quanto era avvenuto a Palermo. Qui  un mafioso, un disonorato, un assassino, uno la cui parola vale quel che vale, ovvero meno del niente che è lui, ha detto: la trattativa fra Stato e mafia c’è stata e la sinistra comunista lo sapeva. Il punto è questo: se avesse detto che la trattativa ci fu e che Mangano, lo stalliere di Arcore, ne era al corrente, ci avrebbero aperto le prime pagine. Invece ha detto che lo sapevano i comunisti. E la notizia è sparita. Dissolta nel nulla. Con tanti mafiologhi a parlare d’altro, comprese lettere anonime che sembrano scritte apposta per distrarre, tanto sono vuote e insignificanti.

Lo so: tante teste vuote non saranno neanche capaci di leggere questo articolo, perché avranno già concluso che l’ennesimo servo di Berlusconi sta difendendo il suo padrone da quel che la storia ha già dimostrato. Imbecilli, meriterebbero tutti la condanna per concorso esterno.

Questa volta la faccio breve, anche se si tratta di storia lunghissima. L’unica scuola che riconosco è quella di Giovanni Falcone: i pentiti non sono credibili, se non portano o si trovano riscontri e prove. Vale sempre e per tutti, non a seconda di chi accusano. Quando un noto pm di Palermo, ora leader politico con simbolo familiare, pendeva dalle labbra del giovin Ciancimino noi lo prendevamo in giro e dimostravamo che raccontava balle. Avevamo ragione noi.

Come è noto Falcone non fece carriera, non gli furono affidate responsabilità nazionali nella lotta alla mafia e fu isolato e sconfitto. Da chi? Da Luciano Violante ed Elena Paciotti. Di sinistra, non so se comunisti (oramai son tutti pentiti), ma entrambe magistrati ed entrambe eletti nelle liste del fu partito comunista. Alla procura di Palermo si trovava Piero Giammanco, amico dei democristiani e che la sinistra aveva appoggiato per quella nomina, preferendolo a Falcone. Giammanco si preoccupò di complicare il lavoro anche di Paolo Borsellino, fin quando una bomba lo cancellò.

Sulle bombe del 1993 ho scritto e riscritto. Abbiamo dimostrato, dapprima irrisi e solitari, che la catena che porta alla sospensione del 41 bis, quindi ad un piacere fatto ai mafiosi, parte da monsignor Curioni, capo dei cappellani carcerari e molto influente emissario del Vaticano, passa per Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Repubblica, che fa fuori Niccolò Amato, capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, e fa mettere al suo posto Alberto Capriotti, segnalato da Curioni, imponendolo ad un tremulo e inutile professor Conso, tanto bravo e buono quanto illuso d’avere deciso lui di sospendere il carcere duro ai mafiosi. Ebbene, se quella è la contropartita della trattativa, fu pagata dal governo di Carlo Azelio Ciampi, sostenuto dalla sinistra. Mi dispiace per Beppe Pisanu, ma la sua tesi non regge: o fra questi fatti c’è un nesso, e allora la trattativa coinvolse quei vertici politici, oppure non c’è, nel qual caso non c’è neanche la “tacita intesa”. Che la pratica mafiosa potesse essere liquidata con il silenzio assenso è idea troppo ridicola per essere presa in considerazione.

Siccome il pubblico ministero che rappresenta l’accusa, a Palermo, argomentava che per “sinistra”, così come da dichiarazioni rese da Brusca, deve intendersi quella democristiana, incarnata dagli imputati Nicola Mancino e Calogero Mannino, il Brusca medesimo, quello che svelò il “papello”, chiede la parola, per dichiarazioni spontanee, e afferma: 1. non sono stato io a dirlo per primo, ma Totò Riina; 2. non parliamo di sinistra democristiana, ma dei comunisti. Cioè quelli che, in quegli anni, avversavano Falcone e Borsellino, nonché appoggiavano il governo che concesse la fine del carcere duro. Quindi, gli imputati di Palermo o sono troppi o sono troppo pochi.

Cosa ne deduco? Io nulla, perché senza riscontri le parole di Brusca sono escrementi. Ma quando i giornaloni con la coscienza sensibile, quelli che hanno opinionisti davvero seri e preparati, cogitabondi cultori dell’interesse collettivo, si danno tanta cura per ammucciare le cose che accadono, ecco, ne deduco che qualcuno dovrebbe vergognarsi.

Pubblicato da Libero

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