Giustizia

Magistrati, soldi e lavoro

Magistrati, soldi e lavoro

Se davvero vorranno abbandonare una cerimonia ufficiale, domani, cui saranno presenti le più alte autorità dello Stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica, i magistrati che hanno concepito e che mettessero in atto una simile sceneggiata meriterebbero, a dir poco, un’azione disciplinare. Speriamo prevalga la saggezza, almeno quella residua.

Assai più interessante, invece, la seconda parte del programma annunciato dall’Associazione Nazionale Magistrati, con la presentazione di un documento teso a illustrare le condizioni della giustizia e di quanti ci lavorano. Interessante perché tutto si può dire dei magistrati, tranne che siano estranei alla realtà della giustizia e, inoltre, perché è semplicemente stolta qualsiasi lettura che tenda a dare tutte le colpe ad una sola parte. Quale che essa sia. In tal senso, ho letto con molta attenzione il dossier preparato dall’Anm, intitolato: “Le verità dell’Europa sui magistrati italiani”. Trenta pagine, fitte di numeri, tabelle e grafici, destinate a dare sostanza alle loro tesi. Ne anticipiamo i contenuti, prendendoli sul serio ed esaminandoli nel dettaglio. Una lettura, vedrete, illuminante.

Prima di aprire il dossier, però, dobbiamo metterci d’accordo sull’oggetto della discussione: la giustizia italiana è una delle peggiori del mondo. Secondo i dati elaborati dalla Banca Mondiale, in quanto a giustizia civile, ci collochiamo al 156esimo posto, su 181 Paesi esaminati. Andiamo peggio dell’Angola, del Gabon, della Guinea Bussau e di São Tomé. Facciamo appena meglio di Gibuti, Liberia, Sri Lanka e Tobago. I dati sono elaborati in sede economica perché la Banca Mondiale esamina l’affidabilità di ciascun mercato. Il nostro è vivamente sconsigliato agli investitori. In quanto al capitolo penale, peggio che andar di notte. Siamo il Paese più condannato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e il Parlamento s’industria a trovare un modo per porre un limite alla durata dei processi, senza essere in grado di agire per farli funzionare. Posto che questa è la realtà, veniamo al lavoro svolto dal sindacato delle toghe. Procediamo nell’ordine da loro scelto.

Il primo capitolo è dedicato alle retribuzioni. E ti pareva! La tesi è che i magistrati non guadagnano poi tanto, e comunque meno di altri dipendenti statali (intanto cogliamo il lato positivo: hanno capito di essere tali). Per giungere a questa conclusione, però, devono escludere dal conto i magistrati amministrativi e quelli della Corte dei Conti, il cui reddito può essere integrato e moltiplicato da proventi derivati da arbitrati, commissioni di collaudo e altre mansioni extra giudiziarie. L’esclusione è fatta in modo palese, quindi trasparente, ma resta un modo singolare di fare i conti. Dopo di che si passa ad un paragone con le retribuzioni dei colleghi europei, esemplificate nel grafico (1) relativo agli stipendi lordi dei giudici europei (i dati sono riferiti al 2006).

Grafico 1

Se si guarda bene, però, ci si accorge che lo stipendio è assolutamente in linea con quello ricevuto dai colleghi di Paesi direttamente paragonabili, ad esempio la Francia e la Germania. Senza contare che il reddito medio italiano è inferiore a quello di questi Paesi. Detto in altre parole: rispetto agli altri italiani (onesti, che non evadono le tasse) i magistrati sono in vantaggio, nel confronto europeo. Ma non basta, perché i dati che l’Anm utilizza, in questo come in tutti gli altri casi, sono tratti da un rapporto Cepej (Commission européenne puor l’efficacité del la Justice), che è lo stesso da me utilizzato per scrivere il libro “Malagiustizia”. Solo che i magistrati hanno piluccato un po’ troppo comodamente. Difatti, proprio nella pagina successiva si trova un altro grafico (2), da loro omesso, che mostra come l’Italia abbia stipendi alti, rispetto agli altri Paesi europei, per quel che riguarda i procuratori.

Grafico 2

Perché mai, in Europa, si dividono tali stipendi? Perché sono divise le carriere. E perché i giudici guadagnano più dei procuratori, in Europa? Perché fanno un lavoro più delicato e importante. Io sono favorevole a questa impostazione, speriamo che anche l’Anm, girando pagina, se ne accorga.

Ma la colpa più grossa, nel maneggiare numeri, è l’avere cancellato il grafico (3) che dimostra quanto noi si spenda, pro capite, molto più degli altri per finanziare il pubblico ministero.

Grafico 3

E più degli altri, sempre pro capite, come dimostra un altro grafico (4), per pagare la macchina della giustizia. In tutti e due i casi gli unici Paesi che si sopravanzano sono o quelli molto piccoli o quelli di nuova democrazia.

Grafico 4

Ma anche a volere restare al solo computo dello stipendio, come insegna Trilussa, si deve guardare dentro la media. Se lo si fa ci si accorge che in altri Paesi c’è un controllo ed un premio per la produttività dei magistrati, sicché chi lavora di più guadagna di più. Sono disposti a fare altrettanto in Italia? A me sembrerebbe buona cosa.

Il secondo capitolo del dossier è dedicato al lavoro dei magistrati. I nostri sostengono di lavorare più degli altri, basandosi sul numero della cause che ogni anno germogliano. Lo mostrano con il seguente grafico (5).

Grafico 5

La chiave di lettura, però, è data proprio dal non funzionamento della giustizia, a sua volta messa in tabella, nel rapporto Cepej, cinque pagine prima: ogni hanno l’arretrato aumenta, quindi si allungano i tempi della giustizia. Siccome gli italiani non sono particolarmente più litigiosi degli altri cittadini europei, il numero patologico di cause ha a che vedere con il fatto che chi ha torto, o chi deve pagare, ha tutta la convenienza a che si avvii una causa e si trascini un giudizio. La lentezza, insomma, non scoraggia, ma genera le cause civili.

Che questo sia un buon parametro per valutare il lavoro dei magistrati, e trarne pure un giudizio positivo, quasi eroico, lo trovo statisticamente misterioso. A tratti esoterico.

Discorso diverso vale per il penale, dove i magistrati preferiscono ragionare su una tabella, che mostra l’enormità dei procedimenti aperti in Italia, rispetto a ogni altro Paese europeo, e fa vedere che, nel 2006, si sono aperti 1.230.085 nuovi procedimenti e se ne sono conclusi 1.168.044. Un lavoro apparentemente imponente. Ma, a parte il fatto che l’arretrato è aumentato, si omette di dire che fra i procedimenti conclusi sono compresi quelli prescritti, quindi si contabilizzano le sconfitte della giustizia fra il lavoro svolto dai magistrati. Non è bello.

Per capire quanto sia folle il meccanismo, trovo più interessante un grafico (6) che i magistrati hanno omesso.

Grafico 6

Se guardate il numero di affari penali sopravvenuti, per reati gravi, avrete l’impressione di vivere in un Paese in cui la sera si spara, anziché cenare. Ci fa concorrenza solo la Bosnia, e manco quella di oggi, quella di quattro anni fa. Il “trucco” è presto svelato: da noi c’è l’obbligatorietà dell’azione penale, che porta all’apertura di un numero insensato di procedimenti. Quindi, fortunatamente, in quei numeri dovete leggere che la maggioranza degli imputati è innocente. Insomma, potete uscire anche senza il giubbetto antiproiettile.

Che impressione ne traggono, i magistrati? Io che si deve cancellare l’obbligatorietà, che serve solo a non far funzionare la giustizia e a deresponsabilizzare il pubblico ministero.

Una tabella successiva (7) serve a dimostrare la gran mole di lavoro svolta dai pubblici ministeri.

Tabella 7

Anche qui, a parte il fatto che la gran parte delle denunce viene archiviata perché non si è riusciti a stabilire chi sia il colpevole, che non è un bel risultato, si deve usare, per valutare il lavoro dei pubblici ministeri, un parametro diverso: quanti sono per ogni centomila abitanti? L’Anm omette di riportare il calcolo. Peccato, perché il grafico (8) mostra una realtà significativa.

Grafico 8

E ricordate che la Germania di oggi è pur sempre il frutto dell’unificazione di due Paesi. Questi sono i numeri, che qualcuno dovrebbe pur utilizzare quando i magistrati lamentano l’eterna mancanza di personale.

Il terzo capitolo del dossier serve a dimostrare una cosa sulla quale concordo pienamente: anche gli avvocati, in Italia, sono troppi (9). Verissimo

Grafico 9

Il fatto che tanta gente, fra magistrati, cancellieri e avvocati, lavora in un settore la cui produttività è fra le peggiori del mondo non fa che confermare la necessità di una rivoluzione. E aggiungo che, in queste condizioni, di tutto si sente la necessità tranne che di un nuovo ordinamento forense che rafforzi le caratteristiche corporative e chiuse, nemiche del mercato e della concorrenza, dell’altra metà del mondo togato.

Detto questo, però, attenti a non confondere i problemi: la macchina della giustizia è pagata da tutti i cittadini, che ne ricevono un pessimo servizio, mentre ogni singolo avvocato è pagato dal proprio cliente, per il quale deve pur fare qualche cosa, altrimenti viene licenziato. Per l’avvocatura, sebbene assai meno di quel che dovrebbe, il mercato pesa, per la magistratura no. I numeri grezzi, quindi, dimostrano solo l’arretratezza complessiva della giustizia.

L’ultimo capitolo del dossier, il quarto, è dedicato alla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, ed è destinato a dimostrare che in nessuna altra parte d’Europa si è severi quanto in Italia. Non solo: nessun altro ordine professionale è severo quanto quello dei magistrati.

Sgomberiamo il campo dalla seconda questione: ci sto, il lassismo disciplinare e la dequalificazione professionale sono mali diffusi. Questo, però, mi porta solo a chiedere la cancellazione degli albi, a cominciare da quello dei giornalisti, mica a osannare chi fa pochino.

In quanto alla severità comparata del Csm, è un ben strano argomento. Non faccio alcuna fatica a credere che il corporativismo autodifensivo ed autoassolutorio sia diffuso in Europa, ma cosa c’è di virtuoso nel mostrare che i magistrati italiani sono quelli che arrecano maggiori offese alla loro professione? Anche ammesso che sia così, mi pare un terribile termometro dell’avere fatto entrare di tutto, in magistratura e che, comunque, non se ne buttano fuori i reprobi, visto che le punizioni sono esattamente nella media europea, ripartite fra ammonizioni, buffetti, sanzioni economiche e rari trasferimenti. Tutta gente, insomma, che pur sottoposta a procedimento disciplinare, resta a perseguire e giudicare i cittadini. Mi sfugge, mettendomi dalla parte dell’Anm, quale sia l’elemento confortante.

Il dossier dell’Anm, che qui (non sembri uno scherzo) ho riassunto e brevemente discusso, segna, comunque, un bel passo in avanti. Discutiamo pure di queste cose, teniamoci sul terreno delle cose concrete. Credo confermino le nostre diagnosi e avvalorino le terapie che proponiamo da molto tempo. In ogni caso, almeno, non sono lo scucuzzarsi su tesi apodittiche e indimostrabili. Un passo avanti, insomma. Sempre che non lo muovano in direzione della porta, per evitare di discutere quel che hanno cercato di dimostrare.

N.B. Per quel che riguarda i grafici, si trovano nel pdf di cui al seguente link

https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?Ref=CEPEJ(2008)Evaluation&Language=lanFrench&Ver=original&Site=DGHL-CEPEJ&BackColorInternet=eff2fa&BackColorIntranet=eff2fa&BackColorLogged=c1cbe6

Grafico 1 : Pagina 196, grafico 59

Grafico 2 : Pagina 197, grafico 60

Grafico 3 : Pagina 31, grafico 7

Grafico 4 : Pagina 37, grafico 11

Grafico 5 : Pagina 140, grafico 37

Grafico 6 : Pagina 160, grafico 48

Tabella 7 : Pagina 178, Tabella 80 (si può sintetizzare, togliendo la gran parte dei Paesi)

Grafico 8 : Pagina 175, grafico 52

Grafico 9 : Pagina 222, grafico 70

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