L’arresto di Giampiero Fiorani non è l’inizio dell’inchiesta sulla Banca Popolare Italiana, e non ne è certo la fine. L’arresto è l’inizio di un’altra storia, che non promette nulla di buono.
Il due agosto scorso Fiorani era stato interdetto e da quel giorno non svolge più le funzioni d’amministratore delegato della banca. Poco più di un mese dopo si era dimesso. L’idea che oggi possa inquinare le prove è bislacca, perché, semmai, avrebbe potuto farlo all’inizio. Che reiteri il reato è escluso, visto che non ha più alcun incarico. Che fugga all’estero non è certo un pericolo imminente, intanto perché non era fuggito, perché non organizzava la fuga, e perché ha atteso che l’arrestassero. Ecco, questi sono i tre motivi per i quali un cittadino può essere incarcerato prima che si tenga un processo, quindi quando la presunzione d’innocenza è intatta.
L’impressione è che, ancora una volta, l’arresto sia, invece, uno strumento d’indagine ed un avviso al mondo: non finisce qui. E dato che non finisce qui, voglio subito mettere in chiaro le cose: difendere il diritto e la giustizia non significa difendere questo o quello e, in quanto a Fiorani, mi sembra indifendibile. Non m’interessa il partito degli innocentisti, e nemmeno quello dei colpevolisti, queste sono cose che toccano ai tribunali, ma, appunto, è questo il problema: il tribunale non c’è, né è alle viste.
Quando la giustizia agisce con inaccettabile lentezza capita che, a dispetto delle intenzioni, il calendario finisca con il suggerire significati diversi da quelli compatibili con il diritto. Quando la giustizia, a dispetto delle volontà togate, segue le campagne di stampa, finisce che non si sa più quale sia la causa e quale l’effetto. Io osservo i dati di fatto, e solo quelli mi preoccupano: osservo che l’inizio dell’inchiesta si è accompagnato alla pubblicazione di gran parte degli atti istruttori, osservo il crescendo rossiniano di paginate intercettatorie e ipotesi d’accusa, osservo, infine, che chiunque si sente in diritto di definire gli indagati colpevoli, fino a manifestare il più assoluto disprezzo per alcuni di essi. E pur credendo (e sperando) d’appartenere ad un mondo che con tutti loro non ha alcunché da spartire, dico che tutto questo non è parente neanche lontano della giustizia. So bene che, ancora una volta, sarò criticato da quanti invitano a guardare l’evidenza della sostanza, ma non mi smuovo d’un capello, e ricordo a tutti che la giustizia è prima di tutto forma. Fottete la forma, ed avrete fottuto la giustizia.
Questo è solo l’inizio, ne parleremo ancora molto, mentre i processi si faranno, se si faranno, quando tutti saremo assai più vecchi (a proposito, sapete che hanno chiesto il rinvio a giudizio per il crac Cirio e per i titoli bidone rifilati ai risparmiatori? adesso, con comodo, si deciderà, poi si farà il processo, primo, secondo ? con calma). Nel frattempo il mondo bancario sarà preda di furbi e profittatori, o ridotto all’inerzia, comunque guidato da regole che non sono proprio quelle di mercato. Su questo pochi riflettono. A suo tempo, dopo avere argomentato il perché ed il per come Fazio avrebbe dovuto dimettersi, scrissi che la peggiore cosa sarebbe stata una richiesta di dimissioni fatta anche dal governo, con lui che restava ugualmente al suo posto. E’ andata così. E se oggi deciderà di resistere all’attacco giudiziario la conseguenza sarà o un governatore accecato dal bisogno di resistere, o un governatore detronizzato dalle toghe. Una tragedia, per il mercato e per la giustizia. Ma di questo non si parla.