Giustizia

Mills ed una notte giudiziaria

Mills ed una notte giudiziaria

Un uomo semplice, come chi scrive, legge le parole dell’avvocato Mills, legge il suo rammarico per il fatto che Berlusconi sia rimasto vittima degli errori dall’avvocato commessi e delle sue bugie, e, inevitabilmente, pensa d una sola cosa: si sono messi d’accordo, all’inglese sarà stata fornita qualche sostanziosa ragione per esporsi così al pubblico ludibrio.
Poi, però, benché semplici di spirito, poniamo mente ad altre cose. La prima: dal punto di vista giuridico, ma anche civile e sociale, l’odierno atto di scuse sta sullo stesso piano del precedente atto d’accusa, o, meglio, delle dichiarazioni accusatorie rese nel corso d’interrogatorio, e cioè non valgono un bel niente. Secondo: sulle originarie affermazioni di Mills, peraltro smentite poche ore dopo essere state verbalizzate, si è montato su un can-can che la metà basta, e gli atti giudiziari conseguenti sono stati venduti, da giornalisti compiacenti od ignoranti, al pari di colpevolezze dimostrate.
Se usciamo dal bar processuale, che da molti anni è più affollato del bar sport, la nostra attenzione è attirata da questioni più rilevanti. 1. Le dichiarazioni originarie sono state rese nel 1998, poi riverbalizzate, con impostazioni diverse, nel 2004. Ma noi siamo nel 2009 e ancora non abbiamo nulla che somigli, neanche da lontano, ad una sentenza definitiva. E ciò basta a palesare la bancarotta della giustizia. 2. Per difendersi anche da questo processo, con il suo decennio d’accuse a mezzo stampa, il capo del governo ha sollecitato il varo di una norma che sospende i giudizi che lo riguardano, il che, al di là di ogni altra considerazione, muove le cose in direzione opposta a quella necessaria, rendendo più lenta anziché più celere la giustizia. 3. Con il paradosso, però, che se le scuse di Mills verranno considerate credibili (cosa che riguarda non solo il giudizio in corso, ma il suo definitivo esito), comunque dovrà ancora essere processato chi da lui fu accusato di corruzione.
Infine: Mills sostenne, ancora a caldo, ed oggi ribadisce con maggiore serenità, di avere raccontato il falso perché temeva di essere arrestato. Quindi decise di andare incontro ai desideri di chi lo interrogava, per tornarsene a casa. Il che sollecita due considerazioni: a. se Mills sarà creduto chi lo interrogò deve essere a sua volta processato, perché minacciare l’arresto è un reato, indurre a confessioni, per giunta false, una violazione del diritto e dei diritti; b. in un ordinamento diverso dal nostro, e più serio, lo stesso Mills andrebbe incontro ad una condanna, perché in tutti i sistemi civili si riconosce all’indagato, poi eventualmente imputato, il diritto di tacere (senza che questo abbia influenza alcuna sulla sua presunzione d’innocenza), ma da noi gli si consente anche di raccontar panzane, il che è certamente troppo.
Sono quasi sicuro d’essermi perso ogni potenziale lettore, ma volevo dire una cosa semplice: mentre al bar processuale s’appassionano nella solita chiacchierata alticcia, scommettendo su colpevoli ed innocenti, qualcuno li avverta che la partita è truccata, o comunque guasta.

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