Giustizia

Moralisti senza etica

Moralisti senza etica

Che i magistrati inquirenti e quelli giudicanti abbiano uffici e carriere separati è un banalissimo ed ovvio principio di civiltà. Una volta accettato il meccanismo del processo accusatorio, così come si è fatto in Italia, il rispetto di quel principio diviene l’indispensabile premessa per potere credere che le aule dei Tribunali non siano una fucina d’ingiustizia. Benissimo, quindi, ha fatto il Presidente del Consiglio a ricordarlo.

La magistratura organizzata risponde opponendo a questo bisogno di civiltà la protezione di qualche privilegio e di qualche sicurezza minori. Roba di poco conto, pulsioni corporative non sorrette da un apparato culturale degno di questo nome. Magari qualche magistrato si spinge oltre e, approfittando del fatto che il moderno sistema della comunicazione rende famosi gli sconosciuti, si affaccia sui teleschermi o dalle pagine dei giornali per lanciare l’anatema. Ma, come si diceva, è roba di poco conto, perché una volta esaminatolo, l’anatema, ci si rende conto che a reggerlo non c’è una scuola di diritto, bensì una scuola di vita burocratica e carrieristica. Si può tranquillamente cambiare canale, o girare pagina. Il problema è un altro.

La sinistra italiana, specialmente quella che non fu mai comunista, ha una lunga e solida tradizione di garantismo, vale a dire d’attenzione alle regole e di rispetto per i diritti dei cittadini. Di questo la sinistra non comunista aveva contagiato gli ambienti meno chiusi e guerriglieri del fu partito comunista italiano. Purtroppo è capitato che all’inizio degli anni novanta la sinistra abbia rinnegato se stessa e dato spazio ai lanciatori di molotov giudiziarie. Ha accettato la lapidazione del diritto e dei diritti in omaggio ad una leninistica concezione e conquista del potere. A quella sinistra si unirono presto i topi in fuga dall’affondante nave della prima Repubblica, appesantiti dal formaggio fra i denti, inseguiti dalla minaccia giudiziaria. Poi dice uno si butta a sinistra, vero?

Ecco, quel mondo politico è rimasto prigioniero dell’errore e del ricatto, talmente prigioniero da non avere verso se stesso il minimo rispetto e dal non aver vergogna di mobilitarsi contro ogni, pur minimo, passo che suoni stonato alle orecchie dei quattro togati alleati. Se quella sinistra avesse l’onore della propria storia oggi direbbe: quel che sostiene Berlusconi è ovvio, siamo pronti al confronto parlamentare e ci batteremo perché il giusto non divenga premessa dell’ingiusto, e quindi affinché non sia in alcun modo minacciata l’autonomia della magistratura. Mentre, invece, ci toccherà sentire la solita solfa sugli interessi personali di Berlusconi e della sua banda. E per noi, che nella sinistra democratica ancora iscriviamo la nostra storia e le nostre idee, sarà ancora il disgustoso spettacolo di moralisti senza etica, di partiti senza politica.

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