Davvero una scena edificante. Da una parte si rende stabile e perpetua la turpitudine del 41 bis, colorando di sicura inumanità la detenzione, anche in assenza di condanne.
E lo si fa, del tutto a sproposito, invocando la lotta alla criminalità organizzata, assumendo la faccia severa di chi dice: il carcere deve essere duro, inflessibile, impenetrabile. Dall’altra si prende un tal Giuffrè, arrestato dopo dieci anni di latitanza, accusato di essere una specie di numero due della mafia, gli si fanno fare otto mesi di carcere (otto mesi), al termine dei quali gli si da una licenza premio per tornarsene a casa, a festeggiare sotto l’albero e con i parenti. Roba da pazzi.
In Italia puoi finire in carcere, possono impedirti di vedere e toccare i tuoi figli, possono impedirti di stare all’aria o di riceve pacchi e corrispondenza, salvo poi assolverti perché non sussistono, vale a dire che non esistono, i fatti per i quali ti hanno arrestato. E nella stessa Italia puoi essere accusato di aver fatto parte di una cupola che decide omicidi e stragi, estorsioni ed attentati, ma in carcere ci rimani poco perché, quando ti prendono, dopo una vita di onesta delinquenza, dici subito di essere profondamente pentito.
Giuffrè, del resto, dovrà comparire nel processo ad Andreotti, dovrà fornire nuovo materiale al pentitismo teleguidato e telecomandato, volete che, prima di tante fatiche, non si riposi, non si ritempri, non si rigeneri?
Guardino, gli italiani, a quel che succede in una sola settimana: il Parlamento si umilia a votare il 41 bis, la magistratura manda in licenza premio Giuffrè. Guardino, e non sarà difficile capiscano l’impazzimento del pianeta giustizia.