Piazza Navona era il luogo adatto, per le ragioni spiegate da Giuseppe Gioacchino Belli: “Cqua ss’arza er cavalletto che ddispenza / Sur culo a cchi le vò ttrenta nerbate, / E ccinque poi pe la bbonifiscenza”. Era il luogo dove, nei giorni di mercato, una giustizia neanche lontanamente tale infliggeva le punizioni corporali, con il boia che ne aggiungeva di sue. Quale posto migliore per ospitare l’esibizione di un Di Pietro che riassume in sé le spiegazioni umane, professionali e politiche del perché la giustizia italiana è la peggiore d’Europa. Le nerbate di questa giornata fischiano sfregiando le terga della sinistra, il cui martirio non ha nulla di divertente.
La maggioranza è in affanno, avendo commesso un errore grave. L’opposizione non ne approfitta mostrando una maggiore capacità riformista ed un più alto senso dello Stato, ma finisce prigioniera di sentimenti reazionari, di fazioni che la buttano in caciara, con le solite parole d’ordine perdenti. La trappola scatta sempre perché la sinistra tutta è prigioniera della propria storia, anche recentissima. Il passato pesa, ed in questo caso impiomba. I sinistri carnefici della sinistra scorrazzano indisturbati perché figli di una modificazione genetica, della presunzione morale, della berlingueriana allucinazione sulla diversità etica. Piuttosto che fare i conti con la storia seppelliscono il futuro, così andando a rimorchio del giustizialismo e del corporativismo, fingendo d’ignorare quale dramma nazionale e popolare sia la malagiustizia.
Neanche reagiscono quando il segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati, papale papale, dice che sono pronti a scendere in piazza, ma per i soldi e la carriera. Loro, che sono i magistrati più protetti e pagati d’Europa, amministrandone il risultato peggiore. E si potrebbe anche capire, leninianamente parlando, se servisse a far fuori l’odiato nemico. Ma dopo quindici anni d’assalti a vuoto, dopo che la giustizia non è riuscita ad accertare un solo reato in capo a Berlusconi, anche un mulo si farebbe cogliere dal dubbio che quella non sia la strada migliore. Non ne prendono un’altra perché non ne sono capaci, non sanno essere diversi da quel che furono e sono stati, privando così l’Italia di due cose indispensabili: una buona sinistra ed una buona opposizione.