Non si può escludere, per quanto la cosa faccia orrore, che Leoluca Orlando Cascio diventi presidente della commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai. E’, al momento, il candidato falsamente unico della sinistra. Ove questo scempio si realizzi, si dimostrerebbe che non serve a molto il clima di dialogo parlamentare se
poi, da una parte e dall’altra, non si hanno le idee chiare su cosa, del passato, è bene seppellire in fretta, e cosa, per il futuro, è utile costruire.
Nel manuale delle buone regole parlamentari è stabilito che le presidenze di commissioni con compiti di vigilanza e controllo siano assegnate a uomini dell’opposizione. Serve ad esaltare questo dovere del Parlamento ed a riconoscere l’importante ruolo istituzionale della minoranza. Dal canto suo, l’opposizione dovrebbe indicare personalità che sì sono di parte (tutti i parlamentari lo sono, e tali, malauguratamente, hanno voluto essere anche i senatori a vita), ma hanno la caratura della non faziosità, la stoffa dei padri nobili il linguaggio della maturità istituzionale. Orlando Cascio non soddisfa neanche uno di questi criteri.
Il suo nome è inviso non solo all’Italia civile, ma anche a buona parte della sinistra. Quando si ricandidò a sindaco di Palermo, scrissi che era triste pensare la sinistra non avesse proprio niente di meglio. E’ incredibile che ancora non si rendano conto di quanto gente così serve a prendere due avvoltoi con una fava: restare legati al passato e garantirsi la sconfitta. Non essendo difficile da capirsi, è lecito temere vi siano altri motivi per continuare a farsi del male. Egli incarna la garanzia della faziosità, restando uno dei più riusciti esempi d’antimafia parolaia e mendace, interprete virtuoso del giustizialismo cieco e negatore del diritto. Orlando, non lo si dimentichi, fu il nemico pubblico di chi la lotta alla mafia la faceva sul serio, di uomini come Giovanni Falcone, che accusò di essere connivente con i delinquenti, che additò a bersaglio, e che poi fu eliminato (alla, forse casuale, vigilia di un incontro con il procuratore moscovita che indagava sui soldi sovietici riciclati in Italia). Così come additò il maresciallo Antonino Lombardo quale uomo al servizio della mafia, quando il militare non solo aveva già subito minacce alla propria famiglia, ma era in procinto di partire per gli Stati Uniti, dove avrebbe dovuto incontrare Badalamenti e contribuire a smontare il “teorema Buscetta”, così caro alla procura di Palermo, così lontano dal modo d’operare di Falcone e così utile a colpire gli avversari politici. Attenti, perché questo è il fatto oggi decisivo: Lombardo si suicidò il 4 marzo del 1995, essendo stato disonorato, in diretta televisiva, il 23 febbraio precedente, da Orlano. Nel corso di una trasmissione condotta da Michele Santoro.
E uno così dovrebbe essere il presidente della vigilanza Rai? La sua carriera è stata tutta costruita grazie al giustizialismo teletrasmesso, è stata irrigata da ore ed ore di negazione del diritto e dei diritti, ospite degli stessi sui quali dovrebbe vigilare. Inoltre, il trasformismo lo porta oggi ad essere esponente di quell’Italia dei Valori (mobiliari) che spinge la sinistra e negare il dialogo parlamentare ed a non abbandonare l’opposizione preconcetta, personale e pronta all’uso della magistratura di complemento. E’ orribile che la sinistra lo candidi, non lo sarebbe meno che altri siano disposti a votarlo.