Giustizia

Parlamento imputato

Parlamento imputato

Il fatto sussiste e l’imputato lo ha commesso. Considerarlo reato, però, comporta un pericolo enorme. Non per l’imputato condannato in primo grado (Silvio Berlusconi), che, tanto, non solo vedrà sfumare nel nulla la condanna, ma neanche ne sopporterà conseguenze politiche o elettorali, dato che chi lo vota è largamente immunizzato, dopo lunga epidemia giudiziaria, il pericolo lo corre la democrazia parlamentare. Ben oltre quello che taluni hanno fatto mostra di vedere, per poi nasconderlo e sottovalutarne la velenosità.

Il trasformismo, il cambio di casacca, l’essere eletti per una parte e militare nell’altra, sono fenomeni riprovevoli. In qualsiasi direzione si muovano. Cambiare idea è lecito, naturalmente, e in qualche caso doveroso, ma in un sistema elettorale a premio di maggioranza comporta le dimissioni. Il trasformismo corroborato da interesse privato, sia questo l’incassare dei soldi, delle promesse di conferma elettorale o dei posti al governo, non è solo riprovevole, ma anche immondo. Né è responsabile l’acquisito come l’acquirente. Quando il fenomeno, come nell’attuale legislatura, comporta la transumanza d’interi gruppi parlamentari, inoltre, la cosa denuncia un scadimento intollerabile della morale politica e della qualità umana dei migranti. Ho ripetutamente sostenuto che il trasformismo nuoce alla politica e alla credibilità di tutti. Confermo, e se possibile raddoppio, tale giudizio.

Se è anche un reato, però, si chiude il Parlamento. E mica solo quello, si chiude anche il Quirinale. Chiude la Repubblica. Se è un reato si cancella l’assenza di vincolo di mandato, giustamente voluto dai Costituenti e oggi contestato da chi non ha uno straccio di cultura della libertà e della costituzionalità.

Sono stato un critico severo dell’operato di Giorgio Napolitano, quando era presidente della Repubblica. Diverse sue scelte non mi sono piaciute e le ho considerate fuori dai binari costituzionali. Ci tornavo tanto che mi prendevano anche in giro, come fosse una fissazione. Forse lo era, ma credo fondata. Quando, però, ho sentito che taluni, in abbondante ritardo sulla realtà, si sono messi a sostenere che dal Quirinale si fosse fatto un “colpo di Stato”, cancellando la volontà degli elettori e arrogandosi il potere di nominare governi da nessun cittadino votati, sono inorridito. Attenti a non confondere il dissenso, anche duro, con accuse capaci di logorare le istituzioni. Le regole erano state rispettate, anche quando il Colle si mise a far da sponda agli oppositori interni alla maggioranza di centro destra. E, comunque, sia i governi Prodi che i governi Berlusconi caddero perché al loro interno e nella loro maggioranza c’era chi voleva farli cadere. La spinta del Colle sarebbe stata sterile, se lo squilibrio non fosse stato preesistente. Troppi hanno memoria corta e idee confuse, compensando con linguaggi che vorrebbero sembrare duri e determinati, ma son solo il berciare postumo di chi non fu capace di vedere e reagire per tempo.

Però, scusate, se corroborare con i quattrini il trasformismo di un inguardabile parlamentare, è un reato, se non se ne risponde davanti agli elettori (o alla storia), ma davanti a un tribunale, allora è colpo di Stato l’avere concesso sponde e promesso ruoli ai traditori. Quando non protezioni. Berlusconi non avrà mai una condanna definitiva, per la faccenda del parlamentare venduto (e comprato, senza dimenticare che certa gente in commercio fu eletta nelle liste dei presunti e assai improbabili moralizzatori). Ma questo modo di procedere rischia di condannare definitivamente la nostra democrazia.

Rivolgo questa riflessione non ai berlusconiani, fra le cui fila non mancano personaggi in cerca d’autore. Suggerisco loro, semmai, di piantarla con la tiritera della giustizia a senso unico, tanto più che quel governo Prodi cadde per mano di una procura. Il tema è quello della giustizia che va a sindacare il Parlamento. Mi rivolgo, quindi, a tutti gli altri: avete una meravigliosa occasione per essere, o almeno apparire, al livello di chi si pone il problema dello Stato, non occupandosi solo del proprio stato. Dite chiaramente che quel che è esecrabile, eticamente e politicamente, non necessariamente è reato. Avvertite che la sentenza di Napoli è sì esemplare, ma di quel che non deve accadere. Non salverete Berlusconi. Salverete voi stessi.

Pubblicato da Libero

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