Giustizia

Parole sante

Parole sante

“Il rispetto dei diritti della persona -ha detto Giovanni Paolo II ai partecipanti al Congresso dell’ANM- esclude il ricorso a una detenzione motivata soltanto dal tentativo di ottenere notizie significative per il processo”.

Secondo il Papa, “la giustizia, inoltre, deve sforzarsi di assicurare la celerità dei processi: una loro eccessiva lunghezza diventa intollerabile per i cittadini e finisce per tradursi in una vera e propria ingiustizia”. Nell’udienza concessa ai mille magistrati partecipanti al Congresso, Papa Wojtyla ha dettato un vero e proprio elenco di precetti morali riguardanti l’amministrazione della giustizia che, nell’ottica cristiana, diventa uno strumento per salvaguardare e costruire la pace, in quanto “non ci puo’ essere pace fra gli uomini senza giustizia”.

L’indipendenza della magistratura dai poteri legislativo ed esecutivo, ha scandito, “è un valore a cui deve corrispondere, nel foro della coscienza, un vivo senso di rettitudine e, nell’ambito della ricerca della verità, una serena obiettività di giudizio”. E, dunque, “mai l’indipendenza potrà esercitarsi disattendendo valori radicati nella natura dell’essere umano, la cui inalienabile dignità e il cui trascendente destino debbono essere sempre rispettati”. Da qui la raccomandazione a non eccedere con la carcerazione preventiva e ad accelerare i processi. Ma anche quella a un corretto rapporto con i mezzi d’informazione. “E’ di grande importanza -ha insistito infatti Giovanni Paolo II- un rapporto del magistrato con i mass-media ispirato a doveroso riserbo, così da evitare ogni rischio di ledere il diritto di riservatezza degli indagati, assicurando al tempo stesso in modo efficace il rispetto del principio di presunzione di innocenza”.

Il Papa ha poi esortato i magistrati a mantenere un giusto equilibrio tra le esigenze della ricerca della verità e quelle di una corretta applicazione della legge, e tra giustizia e umanità. “La ricerca della verità dei fatti e delle prove e la corretta applicazione delle leggi -ha spiegato- richiedono una totale libertà da pregiudizi e un costante impegno di studio e di approfondimento. La recente istituzione del giudice monocratico, poi -ha aggiunto- accresce la responsabilità di ogni singolo magistrato e lo stimola ad una sempre maggiore alacrità nel suo lavoro”. Non solo: “la verità che il giudice è chiamato ad appurare -il Papa ne è convinto- ha a che fare non con puri accadimenti e fredde norme, ma con l’uomo concreto, segnato forse da incoerenze e debolezze, ma dotato sempre della dignità insopprimibile derivante dall’essere immagine di Dio. Anche la sanzione penale, nella sua natura e nella sua applicazione, deve essere tale -ha raccomandato- da garantire la tanto giustamente invocata sicurezza sociale, senza peraltro colpire la dignità dell’uomo, amato da Dio e chiamato a redimersi se colpevole: la pena -infatti- non deve spezzare la speranza della redenzione”.

“Non va, inoltre, trascurato -sono state le sue parole- un problema che si va delineando per il fatto che l’attività legislativa fatica talora a seguire i ritmi dello sviluppo tecnico scientifico e dei suoi conseguenti riflessi sociali, sicché l’interpretazione giurisprudenziale della legge va assumendo sempre più il valore di fonte di diritto. Giustamente, da piu’ parti -ha concluso Giovanni Paolo II- si reagisce all’idea di una supplenza della magistratura nei confronti delle omissioni del potere legislativo, soprattutto quando in causa sono la vita e la morte dell’uomo, le biotecnologie, i problemi riguardanti la pubblica moralità e i temi essenziali della libertà, la quale non può mai degenerare nell’individualismo non curante del bene comune”.

Nelle parole, che Giovanni Paolo II ha rivolto ai congressisti, vi sono passaggi e concetti che hanno a che vedere con la fede e riguardano i credenti. Appartengono alla loro sfera privata. Immaginiamo, peraltro, che i magistrati che si sono recati dal Papa in udienza privata siano credenti, altrimenti non riusciamo a comprendere cosa ci facessero nella sala Nervi.

Detto questo, dobbiamo aggiungere che ci vuole una fantasia fervida ed amante del rischio, un eloquio paradossale e privo di freni inibitori per dire, come molti esponenti dell’ANM hanno detto, che il Papa ha inteso “incoraggiarli”.

Noi, che abbiamo rispetto della letterarietà delle parole usate dal Pontefice, che non pensiamo che abbia detto una cosa per intenderne un’altra, che non ci azzardiamo a cambiare il senso delle cose che una persona dice, noi leggiamo la durissima condanna di almeno cinque vizi largamente diffusi nella giustizia italiana: 1. il dispregio della presunzione d’innocenza; 2. l’uso abnorme e distorto della custodia cautelare; 3. la lunghezza esasperante dei processi; 4. un deprecabile esibizionismo mediatico dei magistrati; 5. il sostituirsi della giustizia al potere legislativo.

Qualcuno ha osservato che tali vizi sono condannati non solo dal Papa, ma anche dalle leggi italiane e dai trattati internazionali. Vero, verissimo. E noi lo andiamo ripetendo, talora inascoltati e talora denunciati, da anni.

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