A Napoli si è messo in scena un dramma che non avrà lieto fine, l’unica alternativa alla tragedia sarà il progressivo oblio di un’inchiesta malata, capace di scatenare reazioni infettive.
Il fatto che un pubblico ministero chieda l’arresto di alcuni poliziotti, per fatti risalenti ad un anno fa, per i quali non è stata presentata nessuna denuncia, e questo senza che ricorra alcun possibile inquinamento delle prove, né che si possa ragionevolmente dire che il reato sarà reiterato, è già di per sé un’enormità. Che un giudice delle indagini preliminari, invece, aderisca alla richiesta del pm, lo trovo abbastanza normale: sono anni che lo scriviamo: i gip sono solo colleghi burocrati e passacarte, privi di reale peso e competenza. Ci sono le eccezioni, ma rimangono tali.
Prende corpo così, con un anno di ritardo, un’inchiesta malata, cui si accompagna il demenziale coro di chi parla di fatti cileni. Se la scena fosse solo questa, si potrebbe liquidarla con un severo giudizio sulla magistratura inquirente. Ma è qui che il sipario scopre dell’altro orripilante.
L’idea che dei poliziotti scendano in piazza circondando la questura, e lo abbiano fatto per protestare avverso un provvedimento della magistratura, è di quelle che fanno correre un brivido per la schiena. Il capo della Polizia, poi, aveva due possibilità: arrivare a Napoli e dire: se sono responsabili quei poliziotti sono responsabile anch’io; oppure dire a brutto muso che le indagini della magistratura si rispettano e, semmai, ci si rende utili. Ha invece scelto la pessima via di portare una solidarietà che non si capisce contro cosa s’indirizzi. Ed è il capo della Polizia.
Il dramma potrebbe avere due conclusioni. La prima, più probabile, dimostrerà infondate le tesi dell’accusa, lasciandoci con l’idea che una faida in procura abbia potuto arrecare un tale danno alle forze dell’ordine ed un tale aiuto ai teppisti ed ai violenti. La seconda, all’opposto, dimostrando fondate le accuse, ci consegnerà l’idea di essere circondati da bestie sadiche che vestono la divisa. In un caso come nell’altro lo Stato ne uscirà umiliato. La terza possibilità sta nel perder tempo, allungare il brodo dell’inchiesta, concluderla con i tipici tempi della magistratura italiana, oltre la soglia dell’oblio. Sapremo che la giustizia non funziona, ma sarà solo una conferma.