Giustizia

Presunti brigatisti

Presunti brigatisti

E’ stata fatta una retata di presunti fiancheggiatori delle Brigate Rosse e noi tutti speriamo che si sia colpito nel segno. Per esserne sicuri, naturalmente, occorrerà attendere che le accuse siano portate innanzi ad un Tribunale e che questo le giudichi sostenibili. I comunicati ufficiali e trionfalistici sono fuor di luogo e fa una certa impressione vedere uomini di governo che ignorano le regole del diritto (e della prudenza): la presunzione d’innocenza non deve venire mai meno, in nessun caso.

Già una volta proclamarono l’arresto di un presunto telefonista brigatista, e si sa com’è andata a finire. Mi colpisce il modo in cui è stata venduta la notizia, ed il modo, al solito supino e tonto con cui la stampa l’ha ciucciata. E’ ragionevole supporre che gli inquirenti abbiano nelle loro mani elementi solidi che giustificano la retata, e ringraziamo il cielo per il fatto che non sono stati resi pubblici. Purtroppo, però, i giornali pretendono di presentarci indizi d’accusa a loro dire eclatanti, mentre, invece, appaiono labilissimi.

Si dice che gli arrestati erano tutti insospettabili. Bene, non si vorrà far credere che essere insospettabili sia una colpa! A volte capita di essere insospettabili per il semplice motivo d’essere estranei ad un fatto. Credo di essere insospettabile di terrorismo, spero questo non mi venga rinfacciato come un abile travestimento delle mie attività sovversive.

Si dice, e la cosa si trova in un comunicato ufficiale, dato che viene ripresa pari pari da tutti i giornali, che all’arresto di Geri gli intercettati risposero con scherno (cosa che, come notava ieri Buffa, li accomuna a moltissimi altri italiani) e “quasi con sollievo”. Posto che non c’è, nell’intercettazione, nulla che deponga in tal senso, trovo sempre preoccupante che le autorità inquirenti si abbandonino a psicologismi poi indimostrabili. E, del resto, questo elemento da tutti ripetuto non ha retto neanche l’ipotesi di un coinvolgimento nell’omicidio D’Antona, che difatti non compare nel mandato di cattura. Si dice, però, che quel sollievo dimostra una certa conoscenza dell’ambiente terroristico, e, un’altra volta, siamo, stando alle carte pubblicate, all’illazione pura. Si fa notare che gli arrestati militano in sindacati e taluno fu segretario della FGCI (segnalo anche un servizio del TG3 che si sofferma sulle strade attorno alla casa di uno degli arrestati: Via Amendola, via Longo e via Lenin; ora, a parte il desiderio di mandare via chi intitola le strade a Lenin, che diavolo significano quelle inquadrature? E, da siciliano, sono ancora più indiziabile di mafia visto che abito in via Crispi?). Tutti elementi che sembrano deporre a favore della tesi, recentemente enunciata, secondo la quale alcuni atti terroristici sarebbero un regolamento di conti interno alla sinistra. Ecco, con tutto il rispetto per chi ha enunciato quella tesi, vorrei far notare che militare in un sindacato o essere stati segretari della FGCI non solo non è ancora un reato, ma non dimostra un fico secco.

Il presunto capo di questo gruppo sarebbe un signore che si sarebbe voluto candidare alle elezioni. Ora, sarà pur vero che la decadenza della politica porta con sé anche una certa decadenza dei terroristi e che ci sia in giro gente con le idee confuse, oltre che folli, ma un terrorista che riconosca la validità del sistema rappresentativo, fino a volere occupare un seggio in quel di Montecitorio, almeno fino ad adesso, sarebbe stata considerata una bestemmia ideologica. Fossi il suo avvocato, e fosse fondata l’accusa, invocherei l’infermità mentale.

I brigatisti conducevano vite apparentemente normali per coprire la loro clandestinità, per questo facevano finta di essere coppiette innamorate, vestivano in modo anonimo, avevano vetture non appariscenti e, soprattutto, non frequentavano assemblee politiche, né militavano nelle file di organizzazioni comuniste: la loro militanza era nella clandestinità. Questi, invece, conducevano vite normali ma non erano clandestini, sul citofono c’era il loro nome vero ed accanto si trovavano famiglie vere, nessuno di loro faceva mistero del proprio marxismo e comunismo ed alcuni, addirittura, fondavano movimenti pubblici in tal senso. Insomma, facevano il contrario di quello che avrebbe fatto chi non volesse farsi notare. Può darsi che siano solo dei fessi, e ciò non di meno pericolosi. E, lo ripeto, speriamo tutti che l’azione portata a termine si dimostri saggia ed efficace. Ma non volendo arruolarmi nella legione dei fessi (non riuscendo ad essere pericoloso), osservo che le notizie pubblicate non somigliano neanche da lontano a qualcosa di solido.

Così, come dovrebbero fare tutte le persone civili, mi rifugio nel rispetto del diritto: tutti gli arrestati devono essere considerati innocenti fino a quando non si dimostri il contrario; hanno diritto ad un processo equo e rapido; la loro colpevolezza a mezzo stampa non vale una cicca. Non fa spettacolo, ma questo è il diritto.

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