Giustizia

Prima linciabili, poi (non) liberi

Prima linciabili, poi (non) liberi

Un arresto, nel corso delle indagini, non solo non equivale, ma neanche è un indizio di colpevolezza. Una scarcerazione, nella stessa fase, non è un viatico d’innocenza. I due romeni, che la procura ritiene essere gli stupratori della Caffarella, hanno ottenuto la revoca della custodia cautelare. Il tribunale del riesame ne ha ritenuto insussistenti le ragioni. Fin qui, tutto fisiologico, anche se piacerebbe trovare sempre riesaminatori attenti e scrupolosi, che in casi di connazionali presi di mira da certa pubblicistica, invece, sono spesso distratti ed intenti a fare il copia incolla dalle carte dell’accusa. Il lato inquietante, invece, è che uno dei due resta in carcere perché sospettato di un altro stupro, in un diverso quartiere romano, Primavalle, e l’altro permane ospite delle patrie galere perché accusato di calunnia ed autocalunnia. Nel primo caso ci si domanda quando si decideranno a fargli un processo ed a liberare un innocente o impedire ad uno stupratore seriale d’esercitarsi. Nel secondo si resta in dubbio su quale sia la logica di chi ti arresta perché confessi ed indichi il complice, costruendo su questo l’accusa, e poi ti arresta perché avresti raccontato, magari non del tutto spontaneamente, bubbole.
In quanto all’esame del dna, che ha funzionato all’opposto, scagionando e non inchiodando i due, la procura ha chiesto di ripeterlo. Il cielo non voglia che il primo sia sbagliato, nel qual caso ci piacerebbe veder togliere il camice a chi lo ha fatto.
Questa storia, comunque, serva da lezione. Tocca a noi, ancora una volta, chiarire che il rispetto delle procedure, il garantismo, non ha nulla a che vedere con l’innocentismo od il colpevolismo, ma serve ad avere una giustizia che possa chiamarsi tale. E tocca sempre a noi, che non nutriamo alcuna forma di ostilità per gli stranieri che vengono in Italia a lavorare o studiare, ricordare che se si tollerano sacche enormi d’irregolarità e clandestinità è ovvio che in quelle s’incisti la criminalità. Vero è che i romeni sono cittadini europei, quindi liberi di circolare, ma vero è anche che la nostra malagiustizia sta attirando i peggiori soggetti, con gran danno per noi e per i romeni onesti. Se il tribunale, liberando quei due, ha funzionato, me ne compiaccio. Ma vorrei sapere in fretta se, invece, sono colpevoli di qualche cosa, perché se perdiamo tempo parte qualche altro torpedone d’individui che, probabilmente, neanche i loro familiari vogliono frequentare.
A ridosso dello stupro di San Valentino la politica fece la faccia brutta e si rivolse al popolo promettendo massima severità: carcere obbligatorio per gli stupratori. Scrissi che si trattava della classica sparata da impotenti. Se si condanna uno stupratore è ovvio che va in carcere, ma se si obbliga ad arrestare i sospettati non solo non si da nessuna sicurezza in più alla collettività, ma si scambia, ancora una volta, l’indagine per il processo e si moltiplicano le ingiustizie. In quei giorni, però, non si poteva dire. Era tutto un fiorire di “galera”, “castrazione”, “dateli a noi”, agevolati anche da un certo look lombrosiano dei sospettati. Un Paese senza giustizia concima con cura la propria inciviltà, e questi sono i frutti.
Governo e Parlamento non dovrebbero partecipare all’asta delle scempiaggini giustizialiste, con la speranza d’accaparrarsi il consenso di qualche sconvolto, ma dedicarsi al più serio impegno di far lavorare e funzionare procure e tribunali. Quel che si è visto, finora, è pochino assai, mentre l’arretrato giudiziario continua a crescere. Presso la corte europea di Strasburgo abbiamo l’invidiabile record di 4200 ricorsi contro la giustizia italiana, la metà dei quali per i tempi troppo lunghi. Ecco, non vorrei che quegli stessi tempi finissero con il graziare gli stupratori di Primavalle e della Caffarella, come tutti gli altri, consentendo loro di violentare non solo le loro vittime, ma anche un complice ed arrendevole diritto.

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