Giustizia

Riformare, non controriformare

Riformare, non controriformare

La riforma della giustizia ha subito un rinvio. Poco male, perché quando si è in ritardo di lustri non si contano le settimane. Mi preoccupa, però, quel che sento dire a proposito di pubblici ministeri e polizia giudiziaria. Oggi la seconda dipende dai primi, mentre pare ci sia un accordo per renderla più autonoma, come lo era, del resto, nel codice Rocco. Era un gran bel codice, solido e coerente, varato nel 1930 e per questo a lungo (ed in gran parte ingiustamente) definito “fascista”. Tornare a quell’assetto, oggi, sarebbe un disastro.
L’accordo, a spanne, sarebbe questo: la polizia giudiziaria (ovvero tutte le forze dell’ordine che agiscono per attivare o reggere l’azione penale) opera su mandato della procura, ma anche per proprio conto, e dopo avere consegnato i risultati di un’indagine al pubblico ministero può anche continuare per proprio conto, approfondendo filoni che ritiene trascurati. Il risultato sarebbe pessimo, perché la giustizia vera, quella dei tribunali, quella dei giudici, continuerebbe a funzionare con tempi incivili, ma si moltiplicherebbero i soggetti che possono utilizzare il cittadino come cavia. E’ vero che lo spettacolo dello scontro fra le procure di Salerno e Catanzaro è stato raccapricciante, ma non gioverebbe se alla rissa partecipassero anche i carabinieri.
La riforma è urgente e doverosa, più di un “dialogo” che assomiglia ad un modo per perdere tempo. Ma la direzione di marcia deve essere opposta: primo, giudici terzi ed efficienti, che tutelino tempestivamente i diritti dei cittadini (il tribunale della libertà, così come i giudici dell’indagine preliminare, hanno fallito la missione); secondo, tempi certi per indagini, rinvii a giudizio e sentenze; terzo, certezza della pena. Se, invece, si continuano ad aumentare i poteri dello Stato nella fase delle indagini, non si fa che ampliare l’attuale abominio, per cui la pena consiste nella misura cautelare, l’avviso di garanzia funge da condanna, ed esauriti gli iniziali fuochi d’artificio tutto s’impantana in un binario dove muore tanto il diritto quanto l’innocente, mentre il colpevole festeggia.
In altre parole: la riforma sarà l’ennesimo fiasco se si continuerà a credere che la giustizia serva a magistrati, cancellieri e questurini, mentre deve essere al servizio dei cittadini.

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