Giustizia

Scaglia libero, noi no

Scaglia libero, noi no

Silvio Scaglia è libero, noi no. Parlo di lui e del suo caso solo perché ha oggi l’onore della cronaca, perché quando ci si occupa dei tanti casi di malagiustizia patita da poveri disgraziati nessuno sta neanche ad ascoltarti, salvo poi rimproverarti di prestare attenzione solo ai casi di pochi “eccellenti”. Scaglia, dunque, è il monumento vivente all’inesistenza di giustizia, all’arbitrio con cui può essere violata la libertà personale.

Seppe di un mandato di cattura e rientrò in Italia con un volo privato. Il che cancella l’ipotesi di pericolo di fuga. La reiterazione, che va prevenuta ove si tratti di reati violenti e pericolosi per terzi, ed era comunque impossibile. L’inqinamento delle prove una corbelleria, visto il tipo d’imputazione e la consistenza cartacea delle stesse. Allora, perché la sua libertà è stata cancellata, per un anno intero? La risposta è cruda: perché nel nostro sistema non esistono antidoti allo strapotere dell’accusa.

Ora è in corso il processo. Se Scaglia sarà assolto, o condannato a pene inferiori a quella che ha già scontato, nessuno potrà mai risarcirlo. Come nessuno potrà mai risarcire una collettività che, se fosse civile, si sentirebbe sfregiata da questo caso e da ogni altro analogo. Se Scaglia sarà condannato, con ogni probabilità, non tornerà in carcere, dato che la sentenza sarà appellata, gli anni passeranno, e il tempo trascorso agli arresti dovrà essere scomputato. Sicché sarà confermato l’adagio dell’inciviltà: si va in galera prima della condanna e si esce dopo.

Il dato ulteriormente grottesco è che i giornali parlano di questo caso mettendo in evidenza le dichiarazioni di Scaglia a favore dei detenuti, annunciando il suo impegno futuro. Perché in questo straziato paese nessuno crede al diritto, nessuno s’illude che possa esistere giustizia, ma si preferisce accomodarsi nella carità, nel buon sentimento, nel volemose bene. Che è, naturalmente, l’altra faccia della medaglia di una plebe pronta a linciare quello che i mezzi di comunicazione, alimentati dalle carte di procura, indicano come il cattivo di turno.

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