Al Consiglio Superiore della magistratura, nell’ora del commiato, il Presidente Ciampi ha detto di essere rammaricato per non aver visto diminuire i tempi lunghi della giustizia italiana. Ma la colpa, in parte, è anche sua.
Le cause che provocano l’inciviltà dei tempi italiani, le lungaggini che rendono ingiusta la nostra giustizia, sono diverse, e fra queste vi è il fatto che la magistratura non rispetta i tempi previsti dai codici, ritenendoli sempre “ordinatori”, quindi non vincolanti, come un impegno lavorativo non stressante, con ferie estive da antiche baronie. Fra le cause vi è la volontà di una corporazione che antepone a tutto la difesa dei propri privilegi, concedendo ad una minoranza politicizzata di millantare per autonomia quella che è totale assenza di controllo sulla qualità e la quantità di lavoro svolto. Davanti a questo triste spettacolo, che ha fatto Ciampi? Ha chiesto alle maggioranze parlamentari di andarci piano, di non acuire il conflitto con la corporazione, ci concertare, accordare, comporre. Il risultato? Se ne va dopo sette anni, con altri sette anni persi.
Intendiamoci, la colpa non è certo solo di Ciampi, e se la maggioranza di centro destra avesse impiegato per serie riforme la forza che ha dedicato alle scaramucce giudiziarie, probabilmente anche le perplessità del Quirinale sarebbero passate in seconda linea. Ma, dato che oggi a dolersi è Ciampi, ci tocca ricordargli che chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Il Presidente ha anche detto che l’operato della magistratura si può criticare, ma non la si deve delegittimare. Sento usare questo verbo da anni, e ancora non ho capito cosa vuol dire. La legittimità e la forza della magistratura è nelle leggi, non nelle piazze, e neanche in televisione. Ma veniamo ad un caso concreto: subito dopo l’arresto di Mario Spezi (chiesto da un magistrato e disposto da un giudice) ho scritto che l’ipotesi d’inquinamento delle prove è priva di senso (anche del ridicolo), e che il giornalista, a torto od a ragione, ha tutto il diritto di diffidare delle indagini, anche perché in trenta anni non sono riusciti a prendere i colpevoli. Ecco, per capirsi, questo cos’è, criticare o delegittimare?
Non lo so, ma so è che la giustizia non funziona e quello di cui c’è bisogno non è un inno all’amore perpetuo, ma un drastico intervento riformatore. Serve la separazione delle carriere, servono i riti alternativi, serve la certezza dei tempi, serve rispettare i termini per le indagini, serve portare tutte le cause, al più presto, davanti ad un tribunale, senza covarle per anni, serve il rispetto della presunzione d’innocenza e serve la certezza della pena. Così, tanto per evitare che l’Italia sia il Paese più condannato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che vergogna.