Il prof. Giovanni Conso interviene, e, con autorevolezza, spiega perché l’amnistia non è fra le cose oggi possibili. Condividiamo la sua analisi. Al tempo stesso, però, con il richiamo alla introduzione del giudice unico, avverte che l’amnistia potrebbe essere necessaria, se non addirittura indispensabile. Ed ancora una volta ha ragione. Gli equivoci nascono dal fatto che dietro la parola “amnistia” si celano significati ed intenti diversi.
Vediamo tre modi di intendere l’amnistia : a) il colpo di spugna; b) la rappacificazione; c) la necessità.
Il colpo di spugna. Chi la considera tale la giudica negativamente. Il riferimento è, fin troppo evidentemente, alle molte inchieste sulla corruzione pubblica. Ed in questo senso anche noi pensiamo che l’amnistia non debba essere concessa. Ma attenzione.
Noi pensiamo che non debba essere concessa perché su quelle inchieste gravano molte ombre, spesso si è provocato inutile dolore, spesso, come ha osservato il Capo dello Stato, si sono utilizzati sistemi indegni di uno Stato di diritto, ma, alla fin fine, dei reati sono stati portati alla luce. A questo punto, dal punto di vista etico ed educativo, sarebbe grave che i colpevoli non pagassero per i reati commessi. Sarebbe come dire che la legge può essere violata impunemente. Sarebbe come dire che i furbi ed i potenti la fanno sempre franca. Ma non nascondiamoci dietro un dito.
Il colpone di spugna sta già arrivando, anzi, la spugna ha già cominciato ad agire, dato che il tempo passa e la macchina giudiziaria non riesce a portare a termine i processi. Il che significa che la gran parte dei reati cadrà in prescrizione e, quindi, i presunti (giacché rimarranno presunti) non saranno puniti. (Il prof. Conso ricorda che all’amnistia un cittadino può rinunciare, e ci tornerò, per ora vale la pena ricordare che chi si ritiene innocente può rinunciare anche alla prescrizione).
Questa tragedia del diritto, però, non può risolversi sollecitando la chiusura dei processi e la condanna di tutti gli imputati, dato che questa sarebbe una tragedia ancora più grande. I processi sono il luogo ove massime devono essere le garanzie per i cittadini imputati, ed essi hanno tutto il diritto di protestare la propria innocenza, così come di contestare il reato per cui sono imputati, o le condizioni in cui agirono, e così via. Un Procuratore della Repubblica disse che i processi, in piazza, erano già stati fatti. Affermazione gravissima e gravemente lesiva del nostro ordinamento. Ma le sentenze di piazza non possono essere trasposte in Tribunale, ove occorre guardare le cose con attenzione maggiore e maggiore riguardo per le leggi. Forse è anche per questo che le sentenze non arrivano.
L’idea di una amnistia per favorire la rappacificazione del paese desta in noi un certo raccapriccio. Intanto è da notare che i reati al centro di una simile proposta sono sempre gli stessi : quelli legati alla pubblica corruzione ed all’illecito finanziamento dei partiti. Ora sarà bene ricordare che non vi è un solo partito che sia sfuggito a questo genere di comportamenti illeciti, così come sarà bene ricordare che non siamo all’indomani del ventennio fascista, ma nel pieno di una storia democratica che ha visto crescere e prosperare l’Italia. Qui non ci sono criminali da perdonare, e, del resto, non vi sono liberatori che possano permetterselo.
L’amnistia come rappacificazione, quindi, sarebbe il sigillo su una indecente falsificazione della storia. Un modo per salvare non i coinvolti, ma i non ancora coinvolti. Un provvedimento, quindi, contro cui battersi con ogni forza.
Il prof. Conso ha ragione a dire, come ricordavo, che gli innocenti (così come i colpevoli, del resto) possono rinunciare all’amnistia, ma non gli sfuggirà il fatto che ad essere finito sotto inchiesta è stato un intero sistema e mondo politico, che, in quanto soggetto astratto, potrebbe solo subire l’amnistia. Una amnistia di questo tipo, dunque, sarebbe solo un regalo avvelenato alle generazioni più giovani e future, un inquinamento della loro storia patria.
Se si vuol discutere di amnistia, allora, lo si faccia non più con riferimento ad una specifica categoria di reati, ma con riferimento a tutti quei reati che possono ragionevolmente incontrare un tollerabile perdono. La necessità (ed è il terzo modo di intendere l’amnistia) sta nel fatto che il sistema giudiziario sta esplodendo, che, di fatto, già oggi la gran parte dei reati non viene efficacemente perseguita e che, quindi, la giustizia è quotidianamente negata.
Ma un tale tipo di amnistia si giustifica solo a condizione che si presenti un modello giudiziario nuovo, efficiente ed affidabile. Un sistema in cui gli accusatori non possano gestire processi di piazza e non possano utilizzare il ricatto infamante della carcerazione preventiva. Un sistema in cui la condanna giunga in tempi brevi, ed i rei siano assicurati alla pena. Un sistema in cui le garanzie di difesa non siano violate, quando non radicalmente negate.
Ma di questo non si parla. Forse perché taluni hanno reati da farsi perdonare; altri hanno reati da non far scoprire; ed altri ancora hanno inchieste da farsi perdonare. Ecco, noi, in questo senso, non ci sentiamo inclini al perdono.