Ho sognato Igor Marini. Eravamo nel maggio del 1993, questo Igor Marini aveva deciso di raccontare alcune cose: gli fu chiesto di riciclare un’ingente somma di denaro; lui lo fa, poi distribuisce il bucato, fra gli altri, ad alcuni uomini politici: uno era stato presidente del consiglio (dopo essere stato ministro e presidente dell’Iri, quindi implicatissimo in tutto l’ambiente delle partecipazioni statali); l’altro era stato ministro degli esteri (dopo essere stato presidente del consiglio e alto funzionario della Banca d’Italia, quindi esperto di credito e transazioni internazionali); il terzo era segretario del maggior partito che appoggiava quei presidenti e quei ministri (ed era stato egli stesso ministro della giustizia, esercitando un controllo che evitò lo scoppio anticipato dello scandalo).
Poche ore dopo un gip aveva apposto la sua firma su tutti i provvedimenti richiesti da un coraggioso pm. Erano finiti in galera i collaboratori di questi signori; fra loro era già stato arrestato chi non fosse parlamentare, mentre per gli altri si era chiesto il permesso al Parlamento. Subito la grande stampa si era mobilitata, e due nobili bandiere garrivano al vento degli editoriali: a. il mondo politico fa schifo e va ripulito; b. non osi il Parlamento frapporsi al sacrosanto corso della giustizia.
I compagni di partito, e di corrente, di quei signori, gli stessi le cui campagne elettorali erano state finanziate non si sa come e non si sa da chi (uno degli eletti dichiarò: credevo fossero soldi raccolti fra i profughi serbi, grati per la nostra politica estera), si affrettarono a manifestare il loro stupefatto disgusto: da lui non me lo sarei mai aspettato. Il principale collaboratore del segretario di partito cambiò partito, rivendicando la sua estraneità e la sua coerenza.
Intanto gli arrestati stavano in cella con un paio di tossici in crisi d’astinenza, e posavano le loro linde ciabattine sul vomito dei suddetti. Le loro case erano prese d’assalto dai giornalisti, i quali domandavano alle mogli se erano stronze o cretine. I loro figli erano fotografati per strada, ed una ragazza, la più grande delle figlie di cotanti padri, decise di smettere di mangiare. Tutto questo, naturalmente, fu descritto da valorosi e serissimi psicologi come il prezzo della colpa, non certo come un clima leggerissimamente incivile. Fatto si è che uno dei tre arrestati decise di parlare, raccontando un sacco di palle, e fu subito scarcerato e restituito alla sua famiglia di reprobi. Gli altri due si regolarono di conseguenza. Il capo della procura, intanto, fu insignito di una laurea in pedagogia e chiamato a tenere varie lezioni sul tema: il diritto distrutto.
Tempo pochi mesi, dalle dichiarazioni di Igor, su quel mondo fumavano le macerie, e molti di quei personaggi non potevano più mostrarsi in pubblico. La nobile storia di un grande partito operaio si era chiusa, sotto il peso di una barca a vela. Qualche sopravvissuto ancora ne rivendicava l’onore, ma era visto con compassione anche dai suoi compagni di un tempo.
Al mio risveglio, come sempre capita, mi è stato chiaro che si trattava di un sogno, anzi, di un incubo. Benché Igor sia vero, e tutto il resto anche.