Giustizia

Soldi e riforma

Soldi e riforma

Chiunque chieda di procedere, subito, alla riforma della giustizia italiana, ha ragione. Per principio e per evidente decomposizione del sistema attuale. L’immunità parlamentare è cosa buona e giusta, voluta dai costituenti a salvaguardia delle istituzioni, ma non è la riforma della giustizia, è altra cosa.

Rientra fra le fantasie della storia che ad invertire la perversione del 1993, quando l’immunità fu cancellata da un Parlamento tremebondo, possano essere quanti siedono al governo, che allora l’affossarono. Anche il regista sarebbe il medesimo, presiedendo la Camera ieri e la Repubblica oggi. Allora l’ordine giudiziario prevaricò il potere politico, largamente per insufficienza e viltà di quest’ultimo. Girare la frittata significa riappropriarsi del diritto a legiferare, ma non ancora aver fatto le riforme. La pasticcioneria politica, purtroppo, alimenta i dubbi circa la capacità di compiere l’ulteriore passo.
Le buone riforme servono a spendere meno ed ottenere risultati migliori. Vale anche per la giustizia. Ma se si taglia la benzina ad un vecchio motore si ottiene solo di fermarne l’attività. Fuor di metafora: la giustizia funziona male e ci costa molto, ma se prima si annunciano i tagli alla spesa e poi si propone la riforma non si farà che sommare le proteste ed offrire il destro a chi sostiene si voglia bloccarla. Riforme come: a. l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale; b. la fissazione parlamentare della politica giudiziaria; c. la separazione delle carriere; d. l’introduzione di organi disciplinari non dipendenti dal corporativismo; e. il riordino dei ricorsi, con sbarramenti o disincentivi a far perdere tempo, servono anche a risparmiare. Siccome sono avversate dai conservatori dello sfascio, se le si fa anche precedere dal taglio della spesa vuol dire che si propizia più la canea che un serio dibattito parlamentare. I soldi pubblici, sia nel darli che nel negarli, vanno usati con logica politica e sotto un’unica regia. Altrimenti si aprono crepe che presto, sotto la spinta degli egoismi, diventano voragini.
Ultima osservazione: le riforme si presentano al Parlamento, anche dichiarandole determinanti per il governo. Le anticipazioni giornalistiche possono complicare le cose, se già non c’è un testo depositato, impegnativo per tutti.

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