Giustizia

Spettacolo senza processo

Spettacolo senza processo

Il Presidente della Repubblica ha invitato a non spettacolarizzare i processi. Ha ragione, benché arrivi fuori tempo massimo, ma la situazione italiana è più delicata, drammatica e grottesca: i processi non ci sono, in compenso s’allestisce lo spettacolo. La giustizia è, oramai, un reality show con l’andamento narrativo di una telenovela: si recita a soggetto, s’intreccia la trama, i personaggi cambiano natura ed i colpi di scena sono sempre gli stessi. Tutto pur di non arrivare ad una conclusione.
Io stesso, come tutti, resto senza parole davanti ai fatti che non conosco, ai misteri che sono e restano tali solo perché nessuno fa il proprio dovere e tutti parlano a vanvera. Poi capitano vicende che credo di conoscere meglio, ed allora mi diviene chiaro che, senza giustizia funzionante, l’Italia sta annegando nei ricatti, nelle minacce a mezzo stampa, nei depistaggi plateali, indecentemente scoperti (alla Igor Marini, per intenderci), che vorrebbero far credere d’essere al servizio degli uni ed invece servono agli altri. Stiamo marcendo nella guazza dei messaggi trasversali, della guerra per fazioni, del richiamo alla sozzeria collettiva e nell’indicarci reciprocamente come venduti, sol perché incapaci di mettere mano al disinfettante giudiziario, di amputare la cancrena, semmai felici delle disgrazie altrui e speranzosi che le proprie anneghino nelle sabbie mobili di una giustizia morta.
Così si scambiano le parti e confondono le acque. Chi si batté contro il giustizialismo, da convinto garantista, è accusato a sua volta di giustizialismo se solo reclama o indica la verità dei fatti, mentre pretende di potersi dire garantista chi crede ciecamente alle carte dell’accusa, divenute buone quando si tratta di mancate accuse. E nell’accapigliarsi melmoso si omette d’indicare al pubblico che manca un dettaglio, mancano le sentenze e la loro efficacia. Il che salva la presunzione d’innocenza di ciascuno, ma anche la possibilità di dubitare ed infamare chiunque, non salva la collettività dai mascalzoni, ma consente loro di farla franca e far credere che siamo tutti uguali. La lezione che se ne trae è terribile, spaventosa. Perché opporre le ragioni del diritto alle bande in guerra è anche pericoloso, ma è pur sempre l’unica cosa che una persona civile possa fare.

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