Per gli arrestati vale la presunzione d’innocenza, ma degli spioni al lavoro per Telecom scrivevo ancor prima dell’inizio delle indagini, quindi continuo. In quanto tempo i magistrati prenderanno atto che Tavaroli era l’uomo di fiducia di Tronchetti Provera ed ha agito su sua indicazione?
Il tempo che passa dall’apertura dell’indagine ai provvedimenti cautelari è già lunghissimo, e non si sa se casualmente coincidente con il collasso finanziario e lo scontro politico. La faccenda è gravissima, ma anche grottesca.
L’attività svolta dalla struttura inventata e coordinata da Tavaroli è definibile come “dossieraggio”. Si raccolgono informazioni su tante persone, non perché vi sia immediata necessità, ma perché possono sempre tornare utili. Non solo è un reato, ma, in un certo senso, rappresenta la premessa di altri e più gravi reati. Due sintomi indicavano l’insorgere di una grave infezione: il primo riguarda le attività lecite d’intercettazione, quelle che Telecom svolge per conto della magistratura, che furono spostate dal controllo dell’ufficio legale a quello di Tavaroli; il secondo la conclamata attività di spionaggio, messa in atto nella città di Milano. Due cose che segnalai e scrissi. Gli altri, magistratura compresa, fecero finta o non videro, e così s’è creata la cornucopia delle spiate, cui si è attinto per interessi ed in occasioni diverse, e resta da stabilire se certe inchieste giudiziarie non siano state fecondate proprio da quei semi.
Per svolgere quest’attività gli uomini Telecom si appoggiavano anche a strutture investigative pubbliche, dove trovavano amici compiacenti. E qui viene il grottesco: camminando su sentieri che s’incrociano, a Tavaroli e compagni deve essere sembrata una gran furbata offrire collaborazione in attività di spionaggio vero, nel senso di non dedito ad interessi di privati, adoperandosi in quel lavoro, necessariamente riservato e grigio, che i servizi segreti stavano svolgendo sul fronte del terrorismo islamico. Ci si rende utili, si ricambiano i favori, e, cosa che non guasta, ci si copre. Ecco, la magistratura è entrata proprio da lì, da quella che doveva essere la copertura. Una beffa, ma anche il segno che in Italia è più facile indagare sui servizi segreti che sugli spioni privati.