Giustizia

Stracciati

giacalone editoriale 13 aprile

Rivolgendosi a Maramaldo gli disse: «Vile, tu uccidi un uomo morto». Per dirlo, però, Ferrucci era vivo. L’impressione è che, sul fronte giudiziario (e non solo) la politica si sia già suicidata da tempo, sicché non si può uccidere chi già defunse. Epperò, quel che accade in Puglia segnala che si può anche rimorire e risuicidarsi, con imperitura viltà.

Dunque – sai che novità – si aprono delle inchieste penali su politici, magari sulla base di elementi di prova non proprio freschissimi, ma comunque da proteggersi mediante la reclusione degli indagati (che non si segnala stessero fuggendo all’estero o fosse a rischio la pubblica incolumità). Del resto, se non arresti qualcuno è segno che l’inchiesta parte deboluccia. Meglio calcare la mano. Ma questi sono rilievi scolastici, tanto fino a quando non ci si deciderà a cancellare l’obbligatorietà dell’azione penale e introdurre la responsabilità dei magistrati (serve quello, non un inutilissimo test psicologico) noi tutti ci si deve rassegnare all’inciviltà di un potere che può toglierti la libertà senza averti mai processato e poi non risponderne in nessuna sede. Lasciamo perdere, che queste ovvietà sono venute a noia anche a me che le scrivo. Veniamo alla politica, capace di risorgere per la gioia di risuicidarsi.

Così capita che uno o più tuoi compagni (senza offesa) di partito o uno o più tuoi alleati (con rispetto parlando) si ritrovino inquisiti o arrestati. A quel punto che fai? Se, come hanno fatto, espelli il compagno o abbandoni l’alleato, ci sono due possibilità: a. sapevi che trattavasi di imbroglione e disonesto, ti rammarichi, mannaggia, che l’abbiano scoperto e, per salvare il salvabile, lo allontani o ti allontani; b. non immaginavi assolutamente che potesse essere un delinquente, non ti eri accorto di nulla e ora, ohibò, che ti si è disvelata la triste realtà lo e ti allontani. Peccato che nel primo caso sei un disonesto e nel secondo un cretino. Due ottimi motivi per non volerti a rappresentare la collettività. A meno che non sia popolata da tuoi simili. Lo chiamano «strappo», ma ne escono stracciati.

C’è una terza possibilità, che è peggiore delle prime due: forse sapevi, forse non capivi, comunque intuivi, ma quel che conta è che non hai il fegato di affrontare lo scontro con un potere vero, quello togato, essendo il tuo un potere moscio, quello votato. Un potere che si basa sul raccogliere voti, ma incarnato da gente che non riesce a spiegarsi perché mai ricevano voti, talché parte dal presupposto che se qualcuno ne prende tanti, o addirittura troppi, è segno che qualche cosa di losco dev’esserci sotto. Ma, ed è questo il bello della brutta scena, i portatori di pacchetti di voti ce li si contende (come sta accadendo anche con le elezioni europee) e il trasformismo è una corruzione della politica che ha effetti devastanti, benché non implicazioni penali. Ed è esilarante che, per prendere le distanze dai coinvolti nelle inchieste, il Pd e il M5S si stiano allegramente scambiando le accuse di trasformismo. Dal che discende che o è quella la sostanza dell’alleanza o ci si allea nonostante la ripugnanza. Comunque un suicidio.

La sinistra e la destra si sono considerate perseguitate dalla giustizia ‘a orologeria’, ma non hanno mai trovato il tempo per fare la sola cosa sensata possibile: riconoscere la presunzione d’innocenza dell’avversario. In quanto al far funzionare la giustizia, restaurandone la credibilità, appare al di sopra delle capacità, equamente poco diffuse.

Giusto ieri ricordavamo il caso di Bibbiano e l’oscena orgia giustizialista, conclusasi con una vergognosa smentita della persecuzione. Allora fu la destra a cavalcare lo scempio, sicché dovrebbe vergognarsi. La sinistra avrebbe potuto ricordarlo, se non fosse che ora è alleata di quelli che allora erano con la destra e cavalcavano l’inciviltà. «Parlateci di Bibbiano», facevano scrivere agli idioti digitali. Bon, adesso non parlateci del vostro ennesimo suicidio. È noioso.

Davide Giacalone, La Ragione 14 aprile 2024

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