Giustizia

Sverginati

giacalone editoriale la ragione 23 ottobre

Martedì prossimo, 28 ottobre, la riforma costituzionale che separa le carriere dei magistrati della procura da quelle dei giudici sarà approvata in via definitiva, dal Senato. Il confronto su questo tema si rivolgerà quindi agli elettori, per confermare o meno la riforma stessa. Un punto deve essere fermissimo, comunque la si pensi e comunque s’intenderà votare: la libertà del giudice deve essere difesa. Una vicenda giudiziaria, relativa ad una denuncia di stupro e conclusasi in primo grado con l’assoluzione dell’imputato in quanto la presunta vittima non era vergine, ci aiuta a capire in che consiste quella libertà e come deve essere difesa (anche da riassunti inesatti come quello che avete appena letto).

Il giudice è chiamato a valutare i fatti, interpretarli alla luce del diritto ed emettere una sentenza. In questo lavoro deve essere libero da ogni condizionamento e da ogni influenza esterna. Il che è meno semplice e scontato di quel che sembra, anche perché libertà non è sinonimo d’irresponsabilità.

Il giudice deve essere libero dai condizionamenti dell’opinione pubblica e, quindi, dell’informazione che, più o meno fedelmente, la forma e la rappresenta. Al giudice non deve minimamente importare quali emozioni agitano la piazza, deve stare ai fatti e al diritto. E in questo la sua libertà va difesa anche dalla cattiva informazione che diffonde titoli in cui si sostiene che un presunto stupratore sarebbe stato assolto perché la presunta vittima non era più vergine (quel giudice non ha ravvisato l’evidenza di un diniego). La cosa paradossale è che molti di quelli che fanno questi titoli poi ne fanno altri per dire che la politica deve lasciare liberi i giudici. Anche l’informazione. Al tempo stesso, però, si deve tornare all’idea che le motivazioni delle sentenze non siano letteratura a piacere, con cattivi svolgimenti, ma la semplice descrizione di come il fatto e il diritto sono stati interpretati.

Il giudice deve essere libero dalla politica, perché le sentenze devono essere frutto del dibattimento e non battaglie o lotte contro questo o quel sistema, questa o quell’idea. Ovvio che la giurisprudenza evolve, ma l’idea di assegnare alle sentenze dei propositi di evoluzione politica toglie libertà al giudice. L’esistenza di correnti politiche, nel sindacato dei magistrati, va in quella direzione. Dal che discende un altro aspetto rilevante: il giudice deve essere libero anche dai colleghi giudici. La riforma costituzionale lo libera dalla colleganza con gli accusatori e pone -finalmente- accusa e difesa sullo stesso piano. Ma un giudice deve essere e sentirsi libero anche quando è chiamato a giudicare il lavoro di un altro giudice.

Difatti, in quel caso di cronaca, la sentenza d’appello ha condannato laddove il primo grado aveva assolto. Trattasi sempre di una presunzione perché dovrà vedersi se ci sarà e quale sarà l’esito del ricorso per Cassazione. La giustizia, difatti, non è l’accusa della procura e non è neanche una sentenza di primo o secondo grado, ma il concludersi dell’iter e il passaggio in giudicato, vale a dire la sentenza definitiva (poi eventualmente rivedibile, ma è altro discorso: con il giudicato un imputato può essere definito colpevole o restituito alla sua immutata innocenza).

Dire che la differenza fra i verdetti dimostra che la giustizia funziona, però, non ha senso. Vuol dire che non si deve correre alle conclusioni prima che si concluda, ma sarebbe meglio non assistere a frequenti riscritture. In questo deve essere chiamata la responsabilità del giudice: non se l’opinione pubblica gradisca o meno la sua sentenza, non se si allinea a un sentire politico, ma se le sue sentenze vengono per lo più validate, corrette o ribaltate. È nel libero giudizio del giudice che si misura la libera valutazione del giudice precedente. E nel caso sia frequentemente diversa quella è una responsabilità da far pesare. Vale anche per il miglior chirurgo della rotula: se sbaglia spesso ginocchio vada a rotulare altrove.

Davide Giacalone, La Ragione 23 ottobre 2025

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