Dopo l’inutile apertura dell’anno giudiziario, segue il rito tragicomico della Corte dei conti. Lo so, state pensando: uffa, ancora ‘sta solfa! Ne ha già scritto Santambrogio, ottimamente. Il guaio è che le tre relazioni le ho lette (con maniacale lussuria), e ve ne propongo brevi, divertenti cenni.
La Corte è un animale misto:
per metà fa il mestiere di controllore e per l’altra quella d’inquisitore e giudice. Quando invocano più controlli, dovrebbero farlo davanti allo specchio. Il loro presidente ribadisce l’utilità di mantenere la commistione di funzioni, dimenticando che se i soldi vanno sprecati è segno che i controlli o non funzionano o sono corrotti, in tutti e due i casi dovrebbero essere giudicati da … quegli stessi magistrati che possono fare, indifferentemente, l’una o l’atra cosa. Non è da meno il procuratore generale che ha, da solo, sia il potere di coordinare i procuratori che quello di promuovere l’azione disciplinare, talché, se le cose non funzionano, e non funzionano, dovrebbe inquisirsi da sé, nel trionfo dell’onanismo disciplinare.
La relazione del citato procuratore contiene sprazzi di prosa chimerica: prende il decennio 1996-2006 e nota che mentre le sentenze penali definitive, per reati contro la pubblica amministrazione, sono state 18.553, quelle di primo grado della Corte dei conti erano 17.576. Ora, a parte che si stanno paragonando mele e banane, che fine hanno fatto le sentenze di primo grado? Sono definitive, sono eseguite? Nella relazione non c’è scritto, è un numero a capocchia, lanciato nel nulla.
Gli italiani che ottengono il risarcimento per i tempi incivili della giustizia sono tanti. Sapete quanti sono i magistrati condannati per danno erariale? Nessuno. Come potrebbe, la Corte dei conti, condannare un collega per avere arrecato lo stesso danno erariale per il quale le Corti d’appello e la Corte europea condannano la Corte dei conti?
Udite le due relazioni è toccata la parola al presidente del Consiglio Nazionale Forense (gli avvocati), che ne ha elogiato la puntualità. Poi l’ha fatta breve, approssimandosi l’ora del desinare, in giusta pace. La sintesi è gran bella cosa, talché suggerisco l’approccio per l’anno prossimo: qui è un fallimento, ma dateci la macchina, l’autista ed un incarico ben remunerato e ce ne stiamo zitti.