Giustizia

Toghe drogate

Toghe drogate

A dir quanto sia malata la giustizia italiana, e quanto distratti siano i commenti su di essa, basta l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Per quel che è stato detto e per quel che si è visto.

I signori dell’Associazione Nazionale Magistrati, dilaniati da lotte di corrente come mai si era visto nei più correntizi partiti politici italiani, non starnazzino a proposito di corporative indipendenze, giacché dalle parole del procuratore generale, La Torre, è emerso chiaramente quale sia il dramma di una giustizia amministrata in assenza d’indirizzi politici. Esattamente un anno fa, in occasione del medesimo rito, l’allora procuratore generale, Galli Fonseca, si soffermò sul problema della droga per affermare che, al fine di meglio reprimere i fenomeni di grande criminalità, sarebbe stato opportuno liberalizzarla. Un anno dopo il pg La Torre torna sul problema, per affermare che la diffusione della droga è dovuta anche alla depenalizzazione dell’uso personale. Cioè l’esatto contrario.

Personalmente propendo per la tesi di La Torre, ma dato che né Galli Fonseca né La Torre sono mai stati votati ed eletti da nessuno, dato che non rappresentano alcuna sovranità, dato che non sono preposti a fare o giudicare le leggi, ma solo ad applicarle, e dato, infine, che dicono uno l’opposto dell’altro, sarà bene prendere atto che in mancanza di un preciso ed univoco indirizzo politico la giustizia italiana viene amministrata da una babele corporativa.

Passiamo a quel che si è visto. La relazione, come si è detto, è stata tenuta da La Torre, a presiedere stava Galli Fonseca, il relatore dell’anno scorso. Tutto regolare, dal punto di vista delle leggi, nulla da eccepire. Ma è sembrato di udire, dagli splendidi ermellini su toga rossa, una gorgogliante pernacchia contro quella separazione delle carriere che è il fondamento di tutti i sistemi giudiziari civili del mondo. Di tutto il mondo civile.

Il mondo politico incassi anche questa pernacchia, e si ritroverà la giustizia che merita.

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