Giustizia

Tre mondi, un diritto

Tre mondi, un diritto

“Il dito contro” è un libro da portare nelle scuole, prezioso per la sua capacità di scandagliare tre mondi fra i quali siamo immersi, ma che vogliamo ignorare: il processo penale; il carcere; i media. Salvatore Ferraro, che ne è l’autore (Avagliano è l’editore), forse non se ne rende conto, ma queste pagine lo laureano fra quanti hanno avuto la fortuna di capire quei tre mondi.

Il processo penale italiano è una follia. La follia di un sistema che consente carcerazioni cautelari lunghissime, salvo poi liberare gli imputati nel momento stesso in cui li condanna. Come volete chiamarla, questa, se non follia? E’ quello che è capitato anche a Scattone e Ferraro, accusati dell’omicidio di Marta Russo. Ma non si comprende fino in fondo la follia se non ci si rende conto che il processo è una rappresentazione surreale. Già, perché tutti gli elementi che potevano far dubitare dell’innocenza di Scattone e Ferraro sono crollati nel corso del dibattimento; l’accusa ha sostenuto una tesi che il Tribunale ha radicalmente sconfessato; ma la sentenza è di condanna.

A quelli che parlano dei Tribunali con la sciocca fiducia di chi non sa quel che dice suggerirei davvero di addentrarsi nelle carte di questo processo. Capiranno, alla fine, che del processo penale si può solo che avere terrore. L’unico modo per non esserne danneggiati è non entrarvi.

Il carcere non ha nulla di quel che la Costituzione stabilisce, non rieduca, abbrutisce, umilia e, alla fine, è solo un grande spreco. Vero è che, per i colpevoli, non si conoscono alternative, ma non meno vero è che le carceri italiane sono piene di gente che non dovrebbe esserci, perché non colpevole. I “fiduciosi” ignorano un dato: il 50% di quanti subiscono la custodia cautelare viene poi assolto. Al tempo stesso, però, il carcere è un grande giacimento di umanità. Quando un detenuto varca il portone blindato si separa dal suo reato (ammesso che lo abbia commesso) ed entra a far parte di un’umanità dolente e solidale. In quest’umanità si trova una ricchezza che non tutti hanno la fortuna di conoscere.

Ferraro lo ha capito e ha compreso che gli arresti domiciliari sono un’apparente conquista, ma, in realtà, sono una dannazione. Per capire queste cose si deve viverle.

Al contrario, invece, mi è sempre risultato difficile comprendere come il giornalismo non si renda conto del ruolo selvaggio che svolge. C’è gente che si guadagna la fama e la pagnotta commerciando in carne umana, fornita dalla procura di turno. Quell’ignobile commercio lascia un segno indelebile sulla vittima, e non è per niente mitigato dal fatto che, magari, il colpevolismo assatanato si trasformi in innocentismo appassionato, perché l’uno e l’altro non sono neanche lontani parenti del diritto e dei diritti.

Fra pochi giorni sapremo se Scattone e Ferraro, oltre alle pene già sofferte, dovranno ancora scontare una colpa non loro. Leggendo queste pagine, però, già sappiamo che la sofferenza ha trasformato un giovane assistente universitario come tanti in un uomo.

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