Giustizia

Tre osservazioni

Tre osservazioni

Tre osservazioni in materia di giustizia. 1. Non è vero che, dopo il tipo d’esibizione con cui Francesco Saverio Borrelli ha ritenuto di aprire l’anno giudiziario milanese, il dialogo sulle riforme sia più difficile. Mi pare, anzi, il contrario.

A parte le considerazioni, giuste ed opportune, di Vincenzo Caianiello, il disattendere così vistosamente agli auspici del Capo dello Stato pone chi lo ha fatto su un terreno diverso non da quello del dialogo, ma della più semplice ed elementare accettazione della democrazia e dello Stato di diritto. Ragione per la quale quel che ieri, assai impropriamente e pericolosamente, si considerava un soggetto politico, oggi non lo è più. E ragione per la quale la magistratura legata al rispetto delle leggi e dell’equilibrio dei poteri è oggi più forte e libera di pensare e discutere le necessarie riforme.

2. L’Italia di oggi è assai diversa da quella di dieci anni fa, ne fanno fede i giornali. Dieci anni fa, e per molti, scurissimi anni, un discorso come quello di Borrelli sarebbe stato accolto con devozione e totale acriticità. Oggi solo una forma di residuo rispetto impedisce di scrivere quel che si pensa. Ma quel che si scrive è sufficiente a comprenderlo. Questo bene, però, rimane e rimarrà monco se i giornalisti non sapranno interrogarsi sulle cause che li portarono, dieci anni fa e per molti anni, ad essere serventi nei confronti di un potere che deviava.

3. Fassino e D’Alema hanno commentato in modo mesto e non dissenziente le parole di Borrelli. Si vede da lontano che non credono in quel che dicono, si vede ad occhio nudo il loro assoluto dissenso e disagio. Ma non possono dirlo, non possono rompere. Alcuni pensano perché ricattati. Può darsi, più semplicemente credo che manchi loro il coraggio e la capacità politica. Il che spiega le sconfitte passate e quelle future, con grave danno per la politica e per la democrazia.

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