Giustizia

Tre per uno

Tre per uno

Prendete l’ignoranza, impastatela con la malafede ed avrete la sostanza dei titoloni che i giornali (quelli che vogliono far credere d’essere seri) sparano sulle inchieste giudiziarie. Aggiungete una buona dose di paura, e capirete anche il senso della proposta fatta dal ministro ombra, ds, della giustizia: a disporre il carcere preventivo non sia più un solo giudice, ma tre.
Il tribunale della libertà, a Potenza, ha annullato la richiesta d’arresto, prima avallata dal gip, di un parlamentare ds. E subito tutti a scrivere che l’“impianto accusatorio” s’è ridimensionato e indebolito. Stessa commedia, con diverso copione, a Pescara, dove è il gip stesso ad averci ripensato, dopo avere incarcerato un sindaco, sempre ds. Commenti frettolosi, e non innocenti, dimenticano che: a. l’avviso di garanzia o la custodia cautelare non sono neanche indizi di colpevolezza; b. la privazione cautelare della libertà è possibile, secondo la legge, solo se c’è concreto pericolo di fuga, rischio di reiterazione, per reati di sangue e pericolosi, o di effettivo inquinamento delle prove; c. sia la disposizione che il venir meno delle misure cautelari non hanno nulla a che vedere con l’accertamento dei fatti, che spetta ad un tribunale vero (fra anni!). Gli “impianti”, di cui tanti straparlano, se li dovrebbero fare al cervello.
A vigilare sulle richieste della procura sono stati posti due livelli: il gip ed il tribunale della libertà. Due fallimenti. Dice Tenaglia, magistrato, già membro del Csm, ed ora ministro nella zona oscura: mettiamocene tre, al posto di uno. Ce ne può mettere un’assemblea, magari sperando di averne almeno uno nella corrente amica, ma sarà sempre un obbrobrio, perché il pm, il gip, il gup e gli altri sono tutti colleghi. Se lo ricorda, il non soleggiato, quel gip milanese che si faceva la campagna elettorale, in modo da raggiungerlo a Palazzo dei Marescialli, grazie ad un pm? Ecco, questo è il motivo per cui non funziona.
L’Italia vive, da molti anni, senza giustizia, ciucciando un succedaneo velenoso, il giustizialismo. Siamo ancora qui, con Napolitano che vuole le “riforme condivise” ed auspica il “dialogo”, alimentando conservazione e chiacchiere. Nella Costituzione c’è scritto come si fanno le riforme. Peccato la trascurino, anche alla Corte Costituzionale.

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