Giustizia

Un corteo per il presunto assassino

Un corteo per il presunto assassino

E’ capitato più volte, in un non lontano passato, vedere sfilare cortei che reclamavano la liberazione di “compagni” o “camerati” che si supponeva fossero stati carcerati da una giustizia ideologia e “di classe”. Alcuni di quei detenuti si proclamavano “prigionieri politici” a significare che non si sentivano perseguiti per

reati specifici, ma perseguitati per le loro idee. In molti casi si trattava di assassini e criminali meritevoli di stare e restare in galera. Nell’Italia di oggi abbiamo assistito a cortei, con il parroco in testa, che chiedono la liberazione di maestre d’asilo, accusate di pedofilia. Ora c’è anche il corteo di Gravina di Puglia, per ricordare due bambini morti e chiedere la liberazione del loro padre, accusato del duplice omicidio. Ci pensino, i tanti giustizialisti italiani: la piazza è, solitamente, forcaiola, se si riempie per chiedere liberazioni è segno che nella giustizia non ci crede nessuno.
I magistrati, del resto, ce la mettono tutta per non essere credibili. Nel caso di questo padre quelli della procura chiedono che resti in carcere, anche se l’ipotesi accusatoria elaborata per arrestarlo è caduta e non è più compatibile con la realtà, ma lo vogliono dentro perché c’è il rischio, dicono, che inquini le prove o reiteri il reato. La prima cosa, a tanta distanza di tempo, dopo che per mesi è stato libero, e dopo che sono stati ritrovati i corpi, è fuori dalla logica. La seconda, sembra umorismo macabro.
Non può esserci e non c’è alcuna macchinazione, alcun complotto, alcun fine nascosto che spinga i magistrati ad un tale comportamento. La realtà è più solare, e per questo più inquietante: la procura, contrariamente a quel che c’è scritto nei codici, fin dall’inizio si sente rappresentante dell’accusa, ed una volta individuato il soggetto da accusare conduce le indagini di conseguenza, difendendo la propria tesi come si fosse già in dibattimento, come se i giornali e le televisioni fossero l’aula di giustizia.
Questa condotta, in contrasto con la legge, lo ripeto, era premiante quando diretta contro soggetti ( i politici, ad esempio) nei confronti dei quali è diffusa una qualunquistica presunzione di colpevolezza. Già allora, però, noi avvertivamo che l’imbarbarimento contro alcuni avrebbe prodotto barbarie contro tutti. E ci siamo, al punto che ora la si applica a maestre, padri, e tanti altri poveri diavoli di cui le cronache non riportano né le storie né i nomi. E siccome poi molti casi si risolvono con le liberazioni, c’è anche chi ripete la litania del “si deve avere fiducia nella giustizia”. Invece no, perché quelle vite sono massacrate. In questa giustizia c’è poco da avere fiducia, si deve cambiarla, riformarla, non renderla perfetta, perché non è possibile, ma certo migliore e più civile.
Molte volte abbiamo indicato quali sono le cose da farsi. Ancora, purtroppo, non vediamo chi ne sia capace.

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