Giustizia

Un riforma profonda

Un riforma profonda

Ci sono due cose che meriterebbero d’essere cancellate: la legge finanziaria e l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Due occasioni utili solo a sprecare parole che saranno tradite. L’ozioso ed inutile appuntamento dedicato alla giustizia, quest’anno, è servito anche a dimostrare che l’Italia non ha bisogno di

un’aggiustatina alla legge elettorale, ma di riforme profonde, strutturali, che cancellino le incrostazioni corporative e ridiano ai cittadini il diritto alla giustizia. Se si fa appello al senso di responsabilità si deve avere la serietà di immaginare un lungo periodo di accordo riformista, non solo qualche settimana, per maturare la pensione.
Citerò due esempi, rivelatori. Mancino, vice presidente del Csm, ha definito illegittimo l’arresto della signora Mastella. Se la scena si fosse prodotta a parti invertite, con un vicepresidente, un ministro ed una signora di destra, un coro monocorde avrebbe parlato di colpo di Stato, di violazione delle norme elementari del diritto. Un organo elettivo che s’intromette in un’inchiesta e la delegittima (verbo caro al partito delle toghe). In realtà Mancino ha ragione nel merito ed ha torto a parlare su quel che non gli compete. Mettendo assieme le due cose ci dice che, lui complice, il sistema s’è sfasciato. Poi c’è il procuratore capo di Torino, Marcello Maddalena, che se la prende con i processi fatti in televisione. Peccato sia lo stesso Maddalena che scrisse un libro, allucinante, per teorizzare i processi di piazza, le condanne da trivio ed il ruolo risanatore dei pubblici ministeri che si rivolgevano alle masse. Anche allora detestavamo la giustizia spettacolo, ma lui vi si esibiva. Il che ci dice che non bastano le riforme, perché occorre il tempo per ricreare lo spessore culturale ed il senso professionale della magistratura.
E’ la tela costituzionale che va ritessuta, rimediando agli sbreghi inferti con rabbia e determinazione, continuando una guerra civile mai placata, che ha demolito le istituzioni più di quando insanguinava le strade. Ed anche il mondo politico va ricostruito, assicurandogli un comune sentire repubblicano che non trasformi ogni battaglia in un’occasione per eliminare, e non battere, l’avversario. Il Quirinale s’avveda che perdere tempo aggrava le cose, e rende più incerto il futuro.

Condividi questo articolo